Edgar Edgar Davids Davids Quante volte ho cantato questo coro!
Ricordo ancora quando il Direttore lo comprò dal Milan per soli 8 miliardi di care vecchie lire nel cosiddetto mercato di riparazione di Gennaio ’98; non nascondo che all’inizio nutrivo seri dubbi su quell’operazione; Davids lo avevo visto all’opera nell’Ajax; mi piacque moltissimo e moltissimo lo odiai per come estromise Antonio Conte dalla finale di Roma; ma il mio odio scemò quando Peruzzi parò il suo tiro alla roulette dei rigori.
Piccole meschinità.
I dubbi li nutrivo sul fatto che al Milan non avesse fatto vedere un gran ché della sua presunta classe, che venisse da un bruttissimo infortunio, frattura a tibia e perone, e per la sua attitudine a cacciarsi in situazioni poco piacevoli, come quella sera a Milano che, a causa di un semplice alterco di traffico con un automobilista screanzato, scese di macchina, si infilò un tirapugni e lo gonfiò di botte.
Sinceramente le frasi denigratorie del signor Colombari, al secolo Billy Costacurta, che lo definì una “mela marcia” non aumentarono in me tali perplessità; anzi: essere inviso a quella tresca di giocatori “milanesi” del Milan mi faceva pensare due cose in positivo: primo, che avesse un carattere da vero leader; secondo che le sue difficoltà al Milan non fossero dovute alla mancanza di doti particolari, ma all’ostracismo di un gruppo che mal vedeva l’ingresso di nuovi leaders all’interno dello spogliatoio e che, anche per questo, si stava squagliando come neve al sole.
Per cui pensai: se Moggi ci crede… il re del mercato è lui e finora non ne ha sbagliata una.
E così fu.
Il piccolo, rocciosissimo Davids arrivò a Torino per ridare al centrocampo bianconero quella qualità persa col passaggio di Jugovic alla Lazio, e che l’arrivo di Pecchia non era riuscito a surrogare, ed in più una grinta ed una velocità di esecuzione pari a quella dei più forti mediani ammirati in maglia bianconera.
Già, perché Davids, scuola Ajax nella testa e nei piedi, abbinava ad una grinta eccezionale una classe fuori dal comune per un giocatore con caratteristiche di interditore; se non mi credete andate a visionare alcuni vecchi spot della Nike o quello della presentazione al Camp Nou, quando si trasferì, giorno di autentico lutto juventino, al Barcellona.
L’esordio in maglia bianconera non fu fortunatissimo; la Juve perse lo scontro diretto a Milano contro l’Inter; fu una partita stradominata, in cui fu negato un rigore ad Indaghi sullo 0-0, anche se il “volgo” pallonaro italiota ama rievocare sempre e solo il fallo di sfondamento di Ronaldo su Iuliano, sull’ 1-0, un girone dopo; poi l’Inter riuscì a segnare su l’unico svarione difensivo commesso dai nostri.
Però la partita di Davids fu da otto; spettacolare! Era nato un nuovo mito Juventino! Uno di quei pochissimi giocatori che quando li vedevo giocare mi facevano ribollire il sangue nelle vene; e se devo essere sincero, io, nato calcisticamente col mito di Platini negli occhi, con le sue sfide fatte di classe pura contro altri fenomeni di stile del calibro di Maradona, Zico, Falçao, Antognoni, Dalglish e … Beccalossi (no, scherzo…), per la prima volta mi ero affezionato ad un cosiddetto portatore di acqua, uno di quei corridori instancabili che consentono al grande solista la ribalta della scena.
Ce ne sarebbero a dozzine di aneddoti da raccontare su “Pit-bull” Davids per spiegarne le doti di classe cristallina e potenza atletica, ma uno in particolare mi è rimasto in mente in questi anni: era un Milan-Juventus di inizio anni 2000 e Gattuso si era già fatto giusta fama da duro; “ringhio” lo chiamavano i milanisti adoranti presenti al bar dove tutti insieme guardavamo la partita.
Ad un certo punto, dopo due o tre interventi da vero “ringhio” effettuati per lo più su Zidane, Davids riuscì a riconquistare il pallone proprio su Gattuso che un attimo prima lo aveva sradicato dai piedi del campione francese, ma allungandoselo di quel tanto che consentì ad un velocissimo e reattivo Davids di interporsi fra sé e l’avversario.
Il “ringhio” tentò di riconquistare la palla con una vigorosissima spallata assestata in corsa, mentre Davids la proteggeva sulla linea dell’out; lo vide arrivare con la coda dell’occhio, irrigidì i muscoli a formare un vero e proprio monolite inscalfibile ed il povero Gattuso vi rimbalzò sopra come una palla di gomma, andando a rotolare mestamente a terra.
Prontamente mi girai verso gli scalmanati milanisti che si erano stranamente azzittiti ed esclamai loro con tono fra l’annoiato ed il provocatorio: “stasera ringhiano solo i pit-bull a San Siro; non ce n’è per i barboncini da salotto!”
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