Giulemanidallajuve
 
 
 
 
 
 
 
  Spot TV
 
 
 
 
 
 
 
Juventus
Domenica 06/04/2025 ore 20.45
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
          PRESSING.... Farsopoli a puntate

Articolo di L. BASSO del 19/12/2010 11:05:26
Kick it! 12- SANTA CLAWS IS COMING TO TOWN

 

Sal si alzò come ogni sera, da una settimana, dal suo trono in quell'angolo di Polo Nord ricreato per l'occasione al grande magazzino L'n'B. Quel lavoro stagionale non era certo il massimo della vita; quando festeggiò con Cynthia la sua laurea in Giurisprudenza non immaginava certo che sarebbe rimasta a prendere polvere in una cornice in silver made in China in camera sua mentre lui accoglieva bambini grassocci sulle sue ginocchia travestito da Babbo Natale. Certo, non immaginava nemmeno che Cynthia, la sua fatina, se ne sarebbe andata via sulla Chrysler-Benz di un broker che avrebbe potuto essere suo padre e che guadagnava in un mese quanto Sal avrebbe guadagnato in due vite intere, ma quella era un'altra storia.
La sua mente, mentre si avviava verso la macchina, era già alla partita dell'indomani. Quel pacioso Babbo Natale che si faceva scattare foto insieme ai bambini con tanto di regolamentare “Ho-ho-ho” avrebbe indossato i guanti da portiere trasformandosi in qualcosa di simile ad un orso grizzly messo lì a difendere una porta. Un metro e novantasei, centododici chili, e tuttavia agile come un gatto quando volava al di sopra di una mischia su calcio d'angolo.
E pazienza per gli attaccanti che non si fossero scansati in tempo.
“Hai da accendere?” la voce risuonò alle sue spalle mentre posava nel bagagliaio della macchina il borsone con la sua divisa da Santa Clause.
Si voltò per rispondere, ed il fiato gli fu spezzato in gola da un dolore fortissimo all'addome.
Ebbe il tempo di vedere due uomini in nero, uno dei quali l'aveva appena colpito di sorpresa con una spranga di ferro, e poi fu accecato da un arcobaleno di luci nel suo cervello; un secondo colpo alla nuca lo fece cadere per terra in semi incoscienza.
Come in un sogno sentì qualcuno che gli sollevava le mani e le faceva appoggiare al bagagliaio della sua autovettura... poi uno, due, tre colpi fortissimi chiudendo il portellone gli fratturarono una dozzina tra falangi e falangine.
Riprese i sensi in una corsia d'ospedale, e le prime cose che sentì furono un dolore pulsante alla nuca ed un fastidioso formicolio alle mani. Cercò di sollevarle, e vide ciò che temeva: due guantoni da boxe di mediplast avvolgevano le sue mani, che qualcuno si era appena divertito a trasformare in una sorta di puzzle 3d di frammenti di ossa.
Due lacrime rigarono le sue guance; non era per un caso fortuito che ora si trovava su di una barella in una corsia di ospedale con le mani fracassate: i due uomini che lo avevano aggredito cercavano proprio lui, era chiaro come volessero colpire quello che nel microcosmo del Free Football era considerato uno dei migliori portieri rendendolo inabile per un lungo periodo.
O, perlomeno, fino alla partita dell'indomani.
Intorno al suo dramma personale fremeva l'attività dell'ospedale. Paramedici ed infermieri passavano freddamente professionali da un infarto in atto ad un tentato suicidio, in quella bolgia infernale dove pochi secondi possono fare la differenza tra una vita salvata ed il pietoso compito di chiudere le palpebre su occhi spenti.
“Cosa abbiamo qui?” la voce del medico di turno risuonò accanto a lui.
“Decesso durante il trasporto” rispose uno dei due infermieri del Trauma Service che stavano sospingendo una barella con sopra un corpo coperto da un lenzuolo. “Una prostituta del Parco. Un'altra disperata schioppata per overdose” sentenziò l'altro.
“Lasciatela lì, torno tra un minuto. Tanto questa povera disgraziata non ha più fretta” rispose il medico entrando in una camera sterile.
Gli infermieri sistemarono la barella col cadavere accanto a quella di Sal. Forse a causa di un movimento brusco, una mano della povera ragazza scivolò dalla barella e fece capolino da sotto l'orlo del lenzuolo.
Sul braccio ossuto e giallastro, devastato dai segni di decine di buchi di punture, faceva bella mostra di sé un tatuaggio che raffigurava una faerie, una fatina seduta su di una falce di luna.
Sal lo vide e scoppiò a piangere, nascondendosi il volto coi guantoni di mediplast.
Quello era il tatuaggio di Cynthia.

La notizia dell'aggressione a Sal arrivò sul gruppo di ragazzi che si stavano preparando per la partita come lo squillo delle trombe celesti per il Giorno del Giudizio.
“Maledetti...maledetti!!!” gridò qualcuno.
Non c'era molto da girarci intorno per trovare altre spiegazioni. Due “professionisti” non aggrediscono il Babbo Natale dei grandi magazzini così, per caso.
Meno che mai spaccandogli le mani -guarda caso- il giorno prima di una partita.
Roy si alzò in piedi, cercando qualcosa da dire per risollevare il morale dei ragazzi. Già, ma cosa?
Ammesso e non concesso che i ragazzi trovassero un undicesimo giocatore da mandare in campo (e per un attimo gli balenò in mente l'idea di chiedere a Patty di giocare) rimaneva sempre il problema del portiere.
Da anni Sal era una sicurezza, una delle colonne della squadra. Forse anche per questo non ci si era mai posti il problema di trovargli un sostituto; il resto dei ragazzi sapeva, all'occorrenza, adattarsi a coprire le diverse zone del campo, a giocare sulla sinistra o sulla destra, davanti ad attaccare o dietro a coprire.
Chi aveva colpito Sal sapeva quello che faceva, insomma.
E tutti i ragazzi, pur senza parlarne, conoscevano la gravità del problema; qualcuno scoppiò a piangere come un bambino.
Roy, in piedi nello stanzone, li guardava uno per uno: eccoli lì i suoi ragazzi, i campioni del football clandestino, ridotti improvvisamente all'impotenza. Smarriti, amareggiati per l'infamia subìta, senza più speranze per la partita -forse- più importante della loro vita.
Forse per la prima volta da quando aveva preso in mano le redini del team, Roy non trovò nessuna parola adatta da dire. E si sedette nuovamente sulla sua panca, con la testa tra le mani.
Woo Chi, l'esile centrocampista figlio di immigrati orientali, si sedette vicino a lui, gli occhi arrossati di pianto.
“Mister, tu che hai giocato per tanti anni a football... voglio dire, quello vero... ti è mai successa una cosa simile?”
“Dio mio, no... intendo non a me... da sempre nel football ci sono state delle grandi porcherie, non è certo una novità... e da quando, come Federazione, siamo stati esiliati dal resto del mondo, è stato sempre peggio. Ma non mi era mai successo di vedere il Male così vicino a me...”
Roy s'interruppe... per un attimo gli tornarono alla mente le immagini di se stesso ragazzo in un ufficio devastato.
“...mai, o quasi...” lo sguardo gli cadde su di uno dei quadretti olografici che il Ministero della Propaganda e dell'Istruzione faceva affiggere in tutti i locali di proprietà dello Stato; raffigurava una famiglia felice, due genitori con i loro due figli, i visi sorridenti e perfettamente abbronzati rivolti verso un cielo azzurro e sereno...
Roy lo staccò dalla parete, e tenendolo tra le mani continuò: “Ma l'importante è che la gente sappia che tutto va bene, e che continui ad essere sempre felice!”
Le ultime parole di Roy furono quasi un ruggito, ed il loro eco non si era ancora spento nello stanzone quando il quadretto volò contro la parete opposta e si ridusse in frantumi.
Roy tornò a sedersi accanto a Woo Chi, che aveva ancora i brividi per la scena a cui aveva appena assistito.
Poi, cercando le parole per rompere nuovamente il ghiaccio, il ragazzo disse: “Mister... ma quando giocavi a football... non ce l'hai mai detto... in che ruolo giocavi?”
 
  IL NOSTRO SONDAGGIO
 
Dopo la Cassazione su Moggi, cosa dovrebbe fare ora la Juve?
 
  TU CON NOI
   
 
   
 
  AREA ASSOCIATI
   
 
 
 
  DOSSIER
   
 
   
 
  LETTURE CONSIGLIATE
   
 
   
 
   
 
  SEMPRE CON NOI
   
 
   
 
Use of this we site is subject to our