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Articolo di L. BASSO del 04/01/2011 20:44:50
Kick it! 13- WELCOME TO THE JUNGLE

 

Lo stadio era pieno di gente fin dal primo pomeriggio. Come era d'uso, prima dell'incontro c'erano state le esibizioni che facevano da antipasto al “main event”.
Il pubblico aveva potuto pertanto assistere al tradizionale “Fight for Freedom”, un incontro di lotta senza esclusione di colpi e senza alcuna regola tra quattro ospiti del “braccio della morte” delle patrie galere dove al vincitore era assicurata la conversione della pena capitale in pena detentiva. Gli sconfitti, al contrario, spesso anticipavano di fatto la data della loro esecuzione rimanendo senza vita sul ring allestito a centrocampo.
A seguire, da qualche tempo il programma prevedeva un mini concerto di Baby Leather, il nuovo idolo di tutta la gioventù del paese. La cantante, certamente più dotata di bella presenza che di doti interpretative, e di età indefinita (le cronache parlavano di diciotto-vent'anni, ma il gossip sussurrava che in realtà Baby fosse sedicenne e che fosse in qualche modo legata al Console, chi diceva come figlia illegittima, chi come amante, chi come entrambe le cose) saliva sul ring, per l'occasione trasformato in palco, senza che lo stesso venisse liberato dagli eventuali corpi dei lottatori sconfitti e si esibiva, sempre vestita in tute di cuoio nero, in tre o quattro canzoni del suo repertorio, spesso giocando ad impiastricciarsi del sangue sparso sul ring.
Quella volta Baby decise di dare il meglio di sé e, in occasione dell'ultimo brano, salì a cavalcioni di un corpo esanime al centro del ring mimando un rapporto sessuale col cadavere. Il pubblico andò letteralmente in visibilio, ed il servizio d'ordine ebbe il suo bel da fare a contenere l'entusiasmo dei fans.
Poi, uscita Baby Leather, le luci si spensero e sullo stadio si fece buio.
Un faro dalla luce accecante illuminò la bocca del tunnel degli spogliatoi, e sulle note dell'Inno Nazionale, lo speaker annunciò l'ingresso dei Campioni della Federazione.
In un frastuono da bolgia dantesca, gli undici giocatori fecero il loro ingresso in campo salutando la folla dei tifosi. I volti sorridenti non tradivano la benchè minima tensione, ed apparivano come le fiabe ci hanno sempre descritto i Paladini senza macchia e senza paura.
All'interno del tunnel, invece, l'altra squadra attendeva il momento di fare la propria entrata in campo.
Non appena lo speaker annunciò il loro ingresso, i centodiecimila dello stadio si scatenarono in un diluvio di fischi ed ululati tale da coprire la sua voce. Ai ragazzi corse un brivido lungo la schiena; solo Mojo, mentre muoveva i primi passi verso l'uscita del tunnel, disse a Pauli che lo precedeva: “Beh, a prima vista direi che ci vogliono bene...” ricevendo in risposta un'imprecazione del capitano.
Poi entrarono nel fascio di luce del faro.

Non appena Pauli, seguito da Mojo, uscirono alla luce, lo stadio ammutolì. Ad iniziare dagli spettatori più anziani, tutti smisero di fischiare o di ululare all'indirizzo degli undici uomini che entravano in campo. Qualcuno dei più giovani non capì il perchè di quel silenzio improvviso, ma guardandosi intorno vide solo volti di cera, facce paralizzate a bocca aperta come per la visione di un fantasma.
Ed in effetti Pauli e compagni dovevano essere apparsi a tutti, autorità comprese, come degli spettri in libera uscita dall'aldilà: tutti, infatti, conoscevano quelle maglie a strisce ormai fuori moda, quei colori che da tempo nessuno vedeva più su di un campo da gioco.
In tribuna un uomo calvo, seduto a poca distanza dal Console, era ammutolito come gli altri a vedere quelle maglie. Ma non sapeva che il destino aveva in serbo per lui un'altra sorpresa.
Uno alla volta, in fila ordinata, gli undici giocatori entrarono in campo in un silenzio assolutamente sinistro.
L'ultimo della fila era un uomo robusto di una quarantina d'anni, che stringeva forte nella mano destra un paio di guanti da portiere.
 
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