Mojo era a terra, con la faccia nell'erba sintetica e le mani che, in una contorsione innaturale, andavano a cercare un punto imprecisato della propria schiena. Il gelo era sceso sui centodiecimila dello stadio, mentre l'unico suono era quello del Sistema Automatico di Controllo, che annunciava l'espulsione dal terreno di gioco del difensore centrale della squadra dei Campioni della Federazione per condotta violenta ed antisportiva. Dopo il goal del 2 a 1, infatti, il giocatore aveva raggiunto l'autore della rete e, non visto, l'aveva colpito alla schiena con un calcio. Ora, come previsto dal regolamento, doveva abbandonare il campo. Ma non sarebbe stato il solo: anche Mojo, con una profonda ferita alla schiena, era costretto a terminare anzitempo la sua partita e lasciare anche la sua squadra in dieci, non avendo a disposizione nessuna “riserva” che potesse entrare in campo.
Tutti i grandi eventi della storia non sono mai avvenuti in un preciso istante fermo e fissato nel tempo. L'Impero Romano, ad esempio, non crollò in un solo giorno, ma sotto il peso di anni ed anni di lotte interne, di disgregazioni politiche. Ma se guardiamo bene, se valutiamo le cose con attenzione, in ogni caso ci sono sempre uno o due “bivi” dove la strada scelta ha avuto conseguenze inimmaginabili. Nella Seconda Guerra Mondiale i soldati Alleati si trovarono pressochè disarmati ed indifesi in quel di Dunkerque ad aspettare un soccorso dal mare che tardava ad arrivare. Sarebbe bastato far alzare uno stormo di bombardieri Heinkel ed ora sul Castello di Windsor sventolerebbe la bandiera del Terzo Reich. Ma l'ordine non arrivò. Mentre due inservienti adagiavano Mojo sulla lettiga robotizzata per trasportarlo verso l'infermeria, il difensore espulso abbandonava in silenzio il campo. E fu lì che qualcosa cambiò. Come per il bambino che gridò “il Re è nudo!”, l'urlo di Mojo aveva strappato un velo davanti agli occhi dei centodiecimila che affollavano lo stadio. I loro beniamini, i loro semidei li avevano delusi. Non erano i campioni dello sport e della lealtà. Non più. Erano uomini come gli altri. Anzi, peggio degli altri, perchè capaci di colpire a tradimento un ragazzo solo perchè ha segnato un goal. Solo perchè è stato migliore.
Piano piano, una voce cominciò ad ululare verso quel gigante tatuato che si avviava verso il tunnel dal quale un'ora prima era uscito accolto come un Eroe. Poi un'altra voce. Poi un'altra ancora. L'uomo scomparve dentro all'imboccatura del tunnel in un diluvio di fischi ed ululati, mentre le due squadre si apprestavano a riprendere il gioco.
A molti dei giocatori corse un brivido lungo la schiena. Ed anche il Console, lassù in tribuna, sentì di colpo freddo.
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