Ennesimo arbitraggio scandaloso a favore dei meanisti. Ennesimo scempio che elimina dallo scosceso cammino dei Galliani boys un avversario diretto per la corsa al posto in Champions.
I commenti dei giornali e dei principali esperti pallonari è tutto rivolto al presunto miracolo dell’armata rossonera. Con accuratezza viene del tutto omesso l’approfondimento che meriterebbe il dato di fatto che, ormai, una domenica si e l’altra pure, la prima squadra di Milano riceve, ed accoglie a braccia aperte, ogni tipo di “attenzioni” arbitrale.
Domenica scorsa, senza quell’assurda espulsione, e il primo goal viziato da un evindentissimo fallo di El Shaarawy, probabilmente avremmo visto un’altra partita. Ma cosa conta tutto ciò? L’importante è che passi il messaggio mediatico che la resurrezione del Milan sia tutto merito di Allegri – fino a poco tempo fa dato con certezza sul piede di partenza, ed inviso al Berlusca – e del prode Galliani. Quest’ultimo – unico, vero uomo di potere rimasto in circolazione nel calcio nostrano – è lo stesso dirigente che aveva smantellato la squadra nonostante avesse promesso a più riprese, insieme al suo Presidente, l’esatto contrario, mettendo in scena una delle più grandi prese in giro della storia delle tifoserie italiche, seconda, forse, solo alla sublime presa per i fondelli che subimmo noi juventini dagli epigoni dell’avvocato, in quell’infausto 2006.
Circuizione che, purtroppo, continua a perpetuarsi fino al giorno d’oggi. Ebbene, in realtà è questo ultimo aspetto che mi preme rimarcare, molto più delle fortunose (per usare un eufemismo) vicende rossonere. Voglio parlare, per l’appunto, di una F.C. Juventus che a fronte di episodi “agghiaccianti”, accaduti durante le partite di Roma e Napoli, non si è degnata di dire una parola, di accennare ad una minima protesta. Un fiato, cavolo! Fosse stato anche solo per dire: “non pretendiamo di essere trattati come il Milan; ormai i rigori ce li siamo dimenticati, d’accordo! Tuttavia, quando cercano di stroncare la carriera ai nostri atleti o di regalare una rinoplastica ai nostri difensori, vorremmo vedere il cartellino giusto, caspiterina!!”. Ed invece, ormai, abbiamo scelto la strada del low profile. Meglio le battute sardoniche e i silenzi inespressivi. Noi, d’altronde, siamo quelli del “contro tutti e tutto!”, del “riporteremo i trofei in bacheca”, del “constato che la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la sua giustizia sportiva continuano a operare fuori da ogni logica di diritto e di correttezza sostanziale”.
La realtà è che ormai contiamo quanto il due picche, ovvero niente, niente di niente. E non facciamo nulla per farci rispettare, o per lo meno, fare in modo che vengano rispettate le più elementari regole del gioco del calcio, quelle, insomma, che dovrebbero impedire ad un calciatore di fare del male, gratuitamente e volontariamente, ad un avversario.
P.s. La tesi di Luciano Moggi allorché di fronte a giudici e giornalisti assetati del sangue bianconero, giustificava il suo modus operandi nell’ambito degli equilibri di potere del calcio italiano, sostenendo che fosse un’azione lobbistica in contrapposizione allo strapotere politico delle milanesi (Telecom, Mediaset, Pirelli, RCS, giornali e programmi sportivi di ogni risma), non è suffragata soltanto dalle svariate risultanze istruttorie emerse negli ultimi anni (intercettazioni Meani, processo Telecom, Relazione Palazzi etc.), ma anche da quello che sta accadendo in questo campionato sotto gli occhi di tutti, anche se la maggior parte dei media e dei giornalisti prezzolati preferiscono tenere nascosto, perché di mezzo, chiaramente , non c’è la Juventus.
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