Non è facile parlare di una tragedia, per molti versi annunciata, che ha segnato una parte della storia della Juventus e del calcio europeo.
LA STRAGE - La scelta dello stadio belga come sede della finale di Coppa dei Campioni del 1985 fu criticata da subito, sia dai bianconeri che dal Liverpool, a causa delle precarie condizioni della struttura e delle scarse misure di sicurezza.
- La disposizione dei settori vedeva il tifo organizzato bianconero situato nella curva N. Molti inglesi, invece, presero i biglietti nella curva opposta. Tuttavia diversi italiani scelsero di organizzarsi autonomamente e acquistarono altri biglietti nel settore Z, a ridosso della zona inglese.
- A circa un’ora dall’inizio della partita si scatenò la follia: gli hooligans inglesi (sia del Liverpool che del Chelsea) sfondarono le reti che dividevano i due settori, cercando di impossessarsi dell’intera curva.
- Le famiglie, spaventate, si ammassarono contro il muro opposto al settore dei sostenitori del Liverpool, anche a causa delle manganellate dei poliziotti belgi, che impedivano loro la fuga verso il campo.
- Nel caos generale tutti cercarono di cambiare settore scavalcando gli ostacoli presenti, finché il muro non resse il peso della folla e l’esito è quello che tutti tristemente conosciamo: 39 morti e oltre 600 feriti.
LA PARTITA – Nel caos più totale l’UEFA e le autorità locali decisero che quella partita si doveva giocare comunque, hic et nunc. Molti giocatori della Juventus raccontarono, anni dopo, di quanto furono difficili quei momenti e di come dopo quella notte non fu più lo stesso.
- Vinse la Juventus quella Coppa maledetta, un trofeo tanto sognato si era trasformato nella pagina più nera della storia del club bianconero. Un qualcosa che, per molti versi, negli anni successivi si preferì cercare dimenticare , sebbene pesò come un macigno su tutti.
CHE COSA RIMANE? - E’ difficile raccontare la storia dell’Heysel mantenendo un filo “giornalistico”, senza scadere nelle banalità e in quella retorica troppo spesso usata nei confronti di una strage come questa.
- Negli anni è capitato a me di sentire le varie storie di chi quella sera c’era, e scorgere più di una sottile vena di malinconia. Per chi assistette a quegli sconvolgenti momenti, infatti, fu come se dentro di sé qualcosa ne fosse andato.
- La consapevolezza successiva, poi, fu che qualcosa fosse decisamente cambiato nel calcio: per la prima volta ci si era trovati a fare i conti con la ferocia umana e la follia.
RIFLESSIONI POST ’85 - Molte delle nuove generazioni che oggi sentono parlare del 29 maggio 1985, a stento hanno visto la vittoria della Juventus contro l’Ajax nel 1996. Ed a loro va fatto capire cos’è stato l’Heysel e quanto sia importante tenere in memoria un evento tanto drammatico.
- Quei morti, infatti, sono stati più volte vilipesi negli stadi italiani al pari di altre tragedie che, prima che sportive, sono umane, e dovrebbero quindi ricordare come la morte non abbia un colore, ma riguardi tutti.
- La verità forse mai riconosciuta è che all’Heysel è morto un pezzo di calcio e, proprio per tale motivo, come per i morti di Superga, Andrea Fortunato e tutti coloro che vengono usati come bandiera per un odio sportivo insano, bisognerebbe adoperare il rispetto dovuto.
- Ancora oggi, invece, quei 39 angeli non vengono lasciati riposare in pace e, pertanto, non si può che auspicare il momento in cui verso tutti loro sarà rivolto solo un commosso ricordo: un modo per ricordarsi anche che il calcio è un bellissimo sport e, a volte, siamo solo noi, con la nostra ignoranza, a rovinarlo.
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