Tra un addio acido e uno conforme all’etichetta non so scegliere. La storia ed i numeri sono quelli ma saperli leggere è altra questione. Cosa sarebbe stato senza Calciopoli? Rimane un uomo innamorato della sua squadra, una fama da gentleman più che altro dovuta al fatto che fino al 2006 ha sempre perso, e tanti tanti soldi buttati nella sua passione. Una fila di scudetti che comincia col gentile omaggio del compagno Guido, quel sorriso sprezzante sulle macerie della Juve post 2006 e l’incapacità di gioire in santa pace dei propri successi perché il pensiero volava sempre al confronto – scontro con i colori bianconeri. Chiamatela rivalsa travestita da complesso d’inferiorità, basta che non chiamate giustizia lo scempio di Calciopoli.
Anche nella notte più bella, la coppa con le orecchie, lo sguardo va alla Juve. No, quella non la vogliamo, non ci appartiene. Ri-vogliamo i nostri titoli, quelli che son passati di mano con libertà di ricettazione. Se prima non si vinceva per via della “banda di truffatori” ora quella torna comoda per scaricare qualche acquisto moscio, qualche azione non proprio lecita e il fallimento di dodici anni di presidenza. L’attaccamento quasi morboso allo scudetto a tavolino chiude il cerchio: dentro un filotto di successi e per ogni sconfitta c’è un complotto da fabbricare, un cattivo da incolpare. E quando ti chiedono di certi comportamenti basta dire che “se ne occupava Giacinto”.
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