Sono un tifoso bianconero quasi tollerante: non ce l’ho né col Toro, né con la Viola, perché sono quelle stesse squadre che sopiscono i miei cattivi pensieri verso di loro. Non possono essere nostre avversarie per un’inferiorità autocertificata dalla loro massima aspirazione: riuscire a farci uno sgambetto mentre stiamo correndo a vincere qualche trofeo. Il loro livello è troppo basso, non ci danno fastidio:
de minimis non curat Praetor, il pretore non si occupa di cose di poco conto. Anche l’Inter attuale ha un livello troppo basso, ma ogni tanto pare voler alzare la cresta: anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano, come sostengono Gino e Michele.
Una cresta che ultimamente alzano solo a parole, ma che nel passato hanno alzato anche con comportamenti. Ecco perché ho in uggia l’Inter.
Da bambino, negli anni sessanta, pur ignaro degli intrighi del Moratti vero, “quello prima di Fraizzoli”, non sopportavo l’Inter per quel gioco micragnoso che sciorinava. L’Inter era così: un gollonzo, poi novanta minuti di catenaccio. O viceversa: novanta minuti di catenaccio e via col gollonzo in contropiede. Mio zio, grande intenditore di calcio, quello che ancor oggi ringrazio per avermi attaccato questa strana malattia che non mi permette di vedere i colori, mi raccontava delle mirabilie della Juve di Boniperti, Charles e Sivori, del gioco spettacolare dei Busby Boys del Manchester United, della fantasia del Benfica d’Eusebio, Simoes e Santana e del gran gioco del Real Madrid di Puskas, Di Stefano e Gento. Di fronte a tanta grazia, come potevo apprezzare quel
gioco miserabile e sparagnino, che mi faceva vergognare, come italiano,
di quelle Coppe dei Campioni che parevano rubate? La sua parte, nel mio cuore di bambino, la faceva anche Helenio Herrera, che col senno di poi era ancor più antipatico e indisponente di Mourigno.
Il malanimo si placa in me con le presidenze di Fraizzoli e Pellegrini, che passano senza particolari problemi, un periodo di cui ricordo volentieri il godurioso scambio tra un Anastasi a fine carriera ed un Boninsegna ancora pimpante, che in sette anni di nerazzurro aveva vinto un solo scudetto, mentre in tre di Juve ne vince due, con più una Coppa Italia e una Coppa UEFA.
I sentimenti negativi verso l’Inter si riaccendono in me con l’avvento del Morattino, che purché stia buono e non metta mano nell’inquinante industria di famiglia, ha in cambio un tot di miliardoni per comprarsi l’Inter ed un budget smisurato, negli anni, da sperperare senza criterio alcuno. Il piccolo dei Moratti si dà da fare scialacquando miliardi di lire (poi milioni d’euro), facendo la felicità di società di calcio, procuratori e mezzi calciatori, comprando brocchi ad altissimo prezzo e pagando loro stipendi indecentemente alti (Vampeta, Sforza, etc) e svendendo campioni a poco (Roberto Carlos, Sammer, Pirlo). Ignaro del fatto che i soldi, oltre a non dare la felicità, non fanno nemmeno vincere gli scudetti, non capacitandosi del perché non riesce a vincere nulla nonostante tanto esborso, inizia a fare il piangina ed a fare dietrologia. Poi alza il tiro: cerca di mettere sotto contratto qualcuno che sapesse di calcio come il nostro Moggi (che ancora conserva la copia della proposta dei contratto). Vista la risposta negativa di Lucianone nostro, tenta di aggirare l’ostacolo e, per scoprirne gli obiettivi di mercato, gli fa intercettare il telefono in un vero e proprio spionaggio industriale, ma i risultati, anche per merito delle famose SIM svizzere, sono deludenti.
Dove ha fallito con i “petrodollari” e con i metodi spionistici, riesce con Calciopoli, col killeraggio scientifico operato ai nostri danni da un vertice della FIGC, la Federazione Interista Gioco Calcio, mai caduta così in basso per disprezzo delle regole e dei diritti della difesa.
E con l’aiuto di una certa quantità di fuoco amico.
Con la cessione di marchio e debiti nerazzurri al magnate indonesiano, si sperava che si mettesse da parte, limitandosi ad andare a San Siro ad appestare i suoi vicini con i miasmi delle sue sigarette (
a proposito: lo sa che lì è vietato fumare?). Si sperava che si mettesse da parte e se ne stesse un po’ zitto. Invece no: a seguito della pubblicazione parziale delle motivazioni della sentenza d’appello di Napoli, Morattino non ha perso l’occasione per riparlare di Calciopoli. A sproposito, ovviamente. Proprio lui, che non è stato spedito in Serie B per triglie alla livornese, telefonate del Brindellone e vicinanza dello stesso con un arbitro, seppur di quarta fascia come Nucini; proprio lui, che come ha detto il suo Mourigno “
ha vinto il primo scudetto in segreteria, il secondo senza avversari, il terzo all'ultimo minuto”, oltretutto depredando le povere spoglie bianconere (anche se con l’aiuto di chi avrebbe dovuto cercare di impedirlo).
No, ripensandoci, non è vero che ho in uggia l’Inter:
mi sta proprio sui cosiddetti.
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