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          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di Stefano Bianchi del 18/07/2014 08:19:23
Allegri: questione di paragoni
Antonio Conte, a parte le capacità professionali e l’anima bianconera, voleva quel che si voleva noi, era la nostra assicurazione in Società sul miglioramento della squadra per provare a vincere la Champions. Ma non pare che incontrasse il consenso della Dirigenza, visto che, poco alla volta, tra gli obiettivi di mercato, si è passati da Sanchez a Cuadrado ed infine ad Iturbe (e sperando di non assistere a cessioni illustri).

L’intransigenza di Antonio si è scontrata con quella del suo Presidente, col risultato della rescissione consensuale del contratto, formulazione politicamente corretta che sa molto di più di “licenziamento in tronco” oppure di un “andarsene sbattendo la porta”. Scommetto che con Umberto non sarebbe successo: il Dottore avrebbe certamente trovato un punto di mediazione. Era questione di tempo, era destino: Andrea Agnelli, forse perché è ancora giovane, deve dimostrare di essere un duro (Gianni ed Umberto lo erano, non avevano bisogno di farlo vedere) e si era già comportato così con Del Piero. Vuole proprio far vedere che è uno che non cede, ma forse non sa che i forti ed i grandi sanno quando è il momento di cedere. Se pensa che io stia sbagliando, se non è d’accordo con questa mia interpretazione, visto che magari alla chetichella il nostro sito lo segue (e lo querela), che mi scriva una lettera aperta, ma di verità, non un comunicato per la stampa. Potrebbe essere mio figlio, apprezzerei moltissimo il suo aprirsi davanti ai tifosi, spiegando le ragioni vere di quella che per noi tifosi è quasi una tragedia.

Sì, tragedia. Perché alla perdita di Conte si associa il fatto che ci ritroviamo con un Massimiliano Allegri: proseguendo nella mia interpretazione, forse sbagliata, ma certamente verosimile, penso che in Società cercassero uno yes-man a poco prezzo. Lancieri, su GLMDJ (“Soddisfatti o rimborsati”), ha paragonato la sostituzione di Conte con Allegri ad un concerto in cui è atteso Vasco Rossi e invece canta Pupo. Accetto la sfida dei paragoni e rilancio: il passaggio da Conte ad Allegri è com’essere andati a letto con Julia Roberts e, la mattina, ritrovarsi a fianco Tina Pica. A parte i paragoni, con tutti i papabili in circolazione, del quartetto Deschamps - Spalletti - Mancini - Allegri, avevo immediatamente escluso l’ultimo, sperando di non dovermi consolare con Mancini (“in fondo in fondo è juventino dalla nascita”), andando il mio gradimento a Spalletti (ottimo trainer di una Roma spettacolo), ma preferendo alla grande Didier Deschamps. Invece, per due anni (a meno d’esoneri), tocca sciropparmi quest’anonimo tecnico dalle dubbie capacità, dalla scarsa simpatia, che ci ha fatto due cosi così con la rete-non rete di Muntari, dimenticando gli eventi sfavorevoli ai bianconeri nella stessa gara. Quell’Allegri che fece fuori Pirlo per sostituirlo con Van Bommel o Ambrosini, scelta tattica piuttosto discutibile, come si è visto nel tempo, sia in casa Milan che in casa Juve. Se quella fu una scelta ponderata su cui fondare il gioco di un campionato, figuriamoci cosa sia in grado di combinare quando dovrà prendere decisioni tattiche immediate. Allegri mi lascia perplesso non solo a livello tecnico: a parte il citato tormentone-Muntari, lascia parecchio a desiderare, anche in ciò che dice. Forse, prima di telefonargli, Marotta ha dimenticato di quando lo ha accusato di scarso stile, in merito ad una squalifica di Ibra, o quando ha dichiarato che prima di parlare, gli avrebbe richiesto il relativo permesso in carta bollata. Per non parlare dell’estate del 2012, quando, riferendosi al numero di scudetti della Juve, ebbe a dire: "Secondo me sbagliano tutti. Io dico che sono 31. Non vedo perché la Juventus non conti anche quello conquistato vincendo il campionato di serie B" (dimenticando che il Milan ne ha vinti ben due). L’unica cosa buona che ha fatto per noi (e purtroppo penso che sarà anche l’ultima) è stata l’averci regalato Pirlo.

Il paragone con un’acciuga, da parte di Rossano Giampaglia (“Acciuga” è diventato il soprannome di Allegri), mi riporta ad ovvie citazioni gastronomiche, non di Monsieur Jacques de Lapalisse, ma di Antonio Conte: ”Non si può mangiare con dieci euro in un ristorante da cento euro”. Purtroppo credo che Antonio abbia esagerato: temo che per due anni dovremo andare a mangiare ... a mensa. Spero PROPRIO di sbagliarmi.

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