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          L'ANGOLO DEL TIFOSO
Articolo di Stefano Bianchi del 14/08/2014 08:40:01
Italici geni con la barba.
L’Italia, non me ne voglia Umberto Eco, può vantare tre geni barbuti: Leonardo da Vinci, Galileo Galilei da Pisa ed Andrea Pirlo da Brescia. Tre geni che spaziando per i vari rami dello scibile, hanno svariati punti di contatto.

Tra i migliori costruttori di gioco, come Leonardo da Vinci lo era di fortificazioni, professore in campo come Galileo Galilei lo è stato all’Università di Pisa, il soprannome “Mozart” che qualifica Andrea Pirlo da Brescia, ne indica la valentia nello scrivere (e dirigere) la musica nello spartito bianconero, così come Da Vinci scriveva musica su una partitura di pergamena tutta bianca. Pirlo ha perfezionato la teoria eliocentrica del Galilei con quella Juvecentrica; come Galileo, che vedeva col telescopio i satelliti di Giove, calcolandone le orbite e prevedendone la posizione nello spazio siderale, così Andrea è in grado di vedere il compagno smarcato e prevederne il movimento in area di rigore avversaria, in modo da poterlo servire millimetricamente. Per far questo, come il Pisano, è un esperto nel moto dei gravi, che Andrea pero chiama “palloni”, ed utilizza le sue conoscenze e capacità fisiche per spedire questi gravi (o palloni che dir si voglia) dove vuole lui, sia come lanci verticali, sia come calci piazzati, rigori o punizioni. Partito dalla relatività galileiana, le sue conoscenze di fisica si sono addirittura evolute rispetto al collega Galilei: la manifestazione tangibile n’è la “maledetta”, una parabola (punitiva) che sfrutta un effetto fisico sconosciuto nel sedicesimo secolo, ma oggi noto come effetto Magnus, ottimo per perforare il ... Bunker difensivo degli avversari. Come il Galilei, così Andrea da Brescia fu sospettato d’eresia dalla congrega di cui faceva parte: a causa del suo predicare e praticare un calcio troppo innovativo per il comprendonio limitato di quella chiesa dalle insegne nere ed azzurre, fu accusato di voler sovvertire il corso naturale delle partite; contrariamente a Galileo, non fu processato, ma condannato all’esilio. Fu accolto da una comunità che aveva nel rosso e nel nero i colori della fede calcistica, ma dopo anni di celebrazioni e celestiali Coppe d’ambrosia (e di Campioni) sollevate al cielo, fu considerato inutile e superato, subendo una nuova epurazione. Accolto in una nuova comunità di fede, stavolta non colorata perché bianca e nera, il fumus d’eretico che lo accompagnava come un alone, si è rapidamente dissolto, e corre voce che sarà addirittura santificato saltando la fase della beatificazione. Unico possibile ostacolo a quest’evento da tutti noi auspicato, la presenza alla Corte Villarperosiana di un nuovo consigliere della Corona, che potrebbe nuovamente provare ad allontanarlo, sostituendolo ancora con pedatori di minor ispirazione.

Come Leonardo da Vinci, che tratteggia indifferentemente ritratti e paesaggi stellati, Andrea da Brescia pittura notturni (ma con tre sole stelle) e pennella passaggi sopraffini; come Leonardo con le Madonne (prevalentemente raccolte al Louvre), Andrea si è dedicato a dipingere quadri a forma di piccoli scudi o scudetti (prevalentemente raccolti in Corso Galileo Ferraris). Come il da Vinci inventava per il Duca Valentino, Pirlo inventava per il Conte Antonio, finché le contorte circostanze della vita riportarono la sua intelligenza al servizio di Fra Contento da Liburnum, colui che ne decretò l’allontanamento dalla Chiesa Berlusconica. Noi fedeli speriamo che Fra Contento, tra i tardo-latini noto come Acciugam, non decida di far giocare al suo posto il buon Leonardo, con la scusa che ha una buona visione delle cose. Non il Leonardo con la barba bianca, bensì quello con la barbetta, vale a dire Bonucci, l’amico di Chiellini e Barzagli. Se ciò avvenisse, credo proprio che il famoso ristorante di Conte, quello da cento euro dove lui era costretto ad andare a mangiare con soli dieci euro, sarebbe quello dell’Ultima Cena.

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