Secondo riferisce Umberto Eco, Chin Chin Brachamutanda (Bora Bora 1818 – Baden Baden 1919) è il fondatore della scuola tautologica i cui principii fondamentali sono delineati nell'opera 'Penso quello che penso'. Eccone alcuni: la Vita è la Vita, il Calcio è il Calcio, l'Amore è l'Amore, la Juve è la Juve. Prendiamo il concetto la Juve è la Juve, che rappresenta una verità incontrovertibile. Se si inserisce, come spesso avviene, l'avverbio 'sempre' (la Juve è sempre la Juve), si va a toccare un tasto delicato di natura temporale, dappoiché si verifica una sovrapposizione pericolosa e sommamente inopportuna, una contaminazione della Juve anticobolliana con quella cobolliana che altera i caratteri della gloriosa società, senza considerare che si abbandona, in cotal guisa, l'ortodossia del pensiero di Brachamutanda. E non è chi non veda come sia cogente, per noi laudatores temporis acti, preservare la natura primigenia dell'icona Juventus. Ma torniamo a Brachamutanda: L'insigne autore di 'Penso quello che penso' riferisce del suo maestro Yao Shan il quale, a un discepolo che gli chiedeva cosa mai stesse facendo, meditabondo, a gambe incrociate “Pensavo a ciò che è al di là del pensiero” “Ma come fai a pensare ciò che è al di là del pensiero?” “Non pensando”. Da cui, in estrema sintesi, si può così concettualizzare ' Non penso quello che penso, ma solo ciò che non voglio pensare”. Discostarsi da questa interpretazione significa avvicinarsi pericolosamente a una delle tante correnti deviazioniste del credo tautologico. Poiché sarebbe arduo sviluppare per esteso, in questa sede, il pensiero del Guru Guru Brachamutanda, gloria di Bora Bora, le cui ceneri trovano riposo eterno nel cimitero indù di Baden Baden, mi limito ad un florilegio, sia pur ridotto, ma pregnante del suo mirabile insegnamento. E propongo, all'attenzione di tutti, una riflessione sui suoi seguaci qui in Italia. Seguaci a volte inconsapevoli di Brachamutanda, quei soggetti gravitanti intorno al nostro mondo del calcio che si esprimono usando espressioni del tipo: La palla è rotonda, il calcio è il calcio, stasera si può vincere come si può perdere, la partita va come va, in campo tutto può succedere, si gioca 11 contro 11, la formazione? chi c'è, c'è, una panchina corta è una panchina corta, chi più spende, più spende (Secco e le sue campagne acquisti ), Zanetti? Chi vuole andare vada, chi vuol restare resti, una vittoria è sempre meglio di un pareggio, come la vede stasera? la vedo nera ecc. ecc. Alcune considerazioni, infine, meno generiche, alcune delle quali nell'alveo del pensiero tautologico, altre appena fuori: Adriano, con la bottiglia in mano, la classe non è acqua. Chi l'aspetta, la faccia. Zeman, come va? mi lasci perdere Giampiero Galeazzi: quando è troppo, è troppo. Il lama Totti: quanno ce vo', ce vo'. Boskov: rigore è, quando arbitro fischia. Variazione dannunziana: La palla spiove sui nostri volti silvani, sulle nostre mani ignude (ma l'arbitro non fischia, non fischia, o grande, grande Boskov e, dunque, rigore non è, non è). |