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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Farsopoli di G. FIORITO del 14/01/2011 07:41:14
Quelle partite particolari - Parte I

 

Partite a parte

A pagina due delle motivazioni della sentenza di primo grado, emessa il 14/12/2009 e pubblicata il 26/04/2010, del processo celebrato con rito abbreviato che riguarda tra gli altri imputati Antonio Giraudo, il GUP Eduardo De Gregorio scrive che Antonio Giraudo, Luciano Moggi e numerosi esponenti della FIGC, funzionari, designatori arbitrali e arbitri, nonché rappresentanti del mondo dell’informazione, “si associavano tra loro e con altre persone in corso di identificazione, avendo già nel passato condizionato l’esito di campionati di calcio di serie A, con particolare riguardo a quello del 1999/2000, che fu sostanzialmente condizionato con il risultato di 1-0, e non riuscendo nell’intento di garantire alla Juventus la vittoria finale, in quanto gli accordi illeciti già stabiliti vennero compromessi dal clamore suscitato provocato dall’arbitraggio apertamente favorevole alla squadra torinese da parte di De Santis (…)”.

Nell’udienza del tribunale di Napoli del 21/04/2009 Teresa Casoria chiede ai pubblici ministeri e alle parti di avanzare la richiesta dei mezzi di prova e i P.M. così si esprimono: “La principale fonte di prova è rappresentata dal contenuto di «conversazioni intervenute su utenze fisse o mobili in uso a persone che poi in parte hanno assunto la qualità di sottoposte ad indagine ovvero di imputati» o di persone che non hanno assunto nessuna di dette due qualità. Le conversazioni sono state registrate dal settembre 2004 al 29 maggio 2005, dall’autorità giudiziaria di Napoli. Ad esse si sono aggiunte le conversazioni acquisite per precedente procedimento dell’A.g. di Torino fra l’agosto ed il novembre del 2004. A queste si aggiungono gli elementi di prova che l’A.g. di Napoli e gli organi di Polizia giudiziaria hanno ritenuto di poter individuare dalle quali si evince come una serie di imputati avessero con costanza usato utenze telefoniche di gestori stranieri, in particolare gestori svizzeri e sloveni.”

Il dato che emerge è che i processi che hanno riguardato calciopoli, sia per quanto attiene alla giustizia sportiva, sia per quanto riguarda la giustizia ordinaria, poggiano le loro tesi fondanti e dispongono di “mezzi di prova” basati quasi esclusivamente su un’attività di intercettazione telefonica che complessivamente si è svolta tra l’agosto 2004 e il 29 maggio 2005. Tuttavia De Gregorio, “piaccia o non piaccia”, inserisce nel documento con il quale giustifica la sentenza nei confronti di Giraudo e degli altri imputati che hanno optato per il rito abbreviato, un prologo nel quale afferma con certezza che gli imputati da tempo erano dediti all’alterazione dei campionati e specialmente di un campionato che alla fine non fu nemmeno vinto dalla “squadra torinese”. Il riferimento è a Juventus Parma del 7 maggio 2000, quando, nel corso della penultima giornata di campionato, coi bianconeri in vantaggio per 1-0, all'ultimo minuto l'arbitro Massimo De Santis interruppe un'azione di calcio d'angolo del Parma che si sarebbe conclusa con una rete di Fabio Cannavaro, allora difensore dei parmigiani. L’ultimo turno di campionato si giocò per volere dell’arbitro Collina nell’acquitrino di Perugia, nei modi e nei tempi che sono rimasti nella memoria di tutti e la Juventus perse uno scudetto praticamente vinto, dopo aver colpevolmente dilapidato un patrimonio di 9 punti di vantaggio. L’episodio della rete non annullata invero, ma non convalidata in quanto avvenuta dopo il fischio di De Santis che aveva ravvisato un fallo di confusione in area, scatenò ed esacerbò un clima di antijuventinità sulla cui genesi sarebbe utile e costruttivo elaborare un trattato, ma che non si capisce cosa abbia a che vedere con il contesto nel quale scrive il giudice De Gregorio, a meno che non vogliamo chiederci come mai non citi anche il rigore non concesso a Ronaldo nella famosa Juventus Inter del 26 aprile 1998. Tanto più che De Gregorio aggiunge subito che Moggi e Giraudo si sono adoperati contro Zeman, “che aveva reiteratamente denunciato le responsabilità della società juventina in ordine all’uso di sostanze dopanti, raccogliendo dossier per screditarne la reputazione ed ostacolarne la carriera di allenatore”. Ora è tutto chiaro. La sentenza si muove ancora nel clima e nell’ambito del diffuso sentimento popolare che si respirava nel 2006. Dimenticando il GUP, tra un giudizio e una deduzione personale, di citare gli esiti dei tre gradi di giudizio del processo per doping celebrato contro la Juventus. E disconoscendo altri pronunciamenti già avvenuti da parte di altri tribunali e altre procure nel macchinoso e incessante evolversi di calciopoli in questi anni. Quanto a Zeman, vi rimandiamo alla lettura della sua deposizione al processo di Napoli. Come definirla? Un momento di evasione, credo.

Tuttavia, menzionando Juventus Parma del 2000, De Gregorio ci fornisce l’assist per dare un calcio definitivo a quello che dovrebbe essere il perno di un’accusa rivolta ad esponenti del mondo del calcio. Cioè l’aver costituito un’associazione a delinquere al fine di perpetrare frodi sportive, difficile se non impossibile da realizzare senza influenzare e compromettere i risultati delle partite. Illecito strutturato permettendo.

Tra la pagina 12 e la pagina 15 delle motivazioni della sentenza nota come sentenza Giraudo, lo stesso De Gregorio ammette la difficoltà dell’accertamento dei fatti relativi al processo, per i troppi soggetti coinvolti, per i complessi rapporti esistenti tra loro o lo scarso contributo al chiarimento. Soprattutto fa riferimento alle critiche mosse dai difensori riguardo al metodo di indagine, quasi esclusivamente basato sulle intercettazioni telefoniche, per “la parzialità e/o la dedotta equivocità dei contenuti informativi così ricavabili”. Ragion per cui “si tratta di un rilievo in astratto condivisibile ma che è connaturale al mezzo di acquisizione della prova e che, soprattutto in relazione a vicende del genere in esame, legittima un ragionevole e calibrato sforzo interpretativo, nel pieno rispetto dei criteri codicistici di cui all’art. 192 cpp, nonché quelli di logica e di comune esperienza, allo scopo di ricomporre il quadro di inserire degli elementi probatori”.

Nonostante a pag. 99, con un ragionamento degno di un’elucubrazione mentale, si ricorra addirittura a un “elemento psicologico del reato”, “poiché l’alterazione del risultato non è un evento naturalistico che deve necessariamente verificarsi, coerentemente con la natura di reato di pericolo, ma un semplice scopo che deve essere senz’altro presente nella mente dell’agente. In sintesi la frode sportiva può definirsi un delitto di comportamento…”. Mi domando, ma se credete che sia di parte o che non sia corretto estrarre un segmento da una parte, potete consultare voi stessi l’intero documento disponibile in rete, se per caso l’affaire calciopoli non consista in un processo all’intenzione.

Da pagina 103 si trattano finalmente “Gli elementi pertinenti alle frodi sportive” . Che intanto non necessitano della lesione, ma si accontentano della tentata lesione, come viene affermato, quasi a voler mettere le mani avanti, a pagina 98, dove assumono “rilievo per l’integrazione della fattispecie criminosa anche condotte che non riescono a conseguire il risultato vietato dalla legge e, dunque, atti idonei e diretti a ledere il corretto svolgimento delle competizioni sportive indipendentemente dal fatto che detta lesione si verifichi” . Stupefacente. Dopo aver truccato i campionati senza truccare le partite, la Cupola provvide a compromettere lo svolgimento corretto delle partite senza che venisse compromesso.

Si identificano tre diversi modi di realizzazione della frode stessa. I. Le ammonizioni mirate. II. La formazione delle griglie. III. I sorteggi truccati.

Finalmente, si direbbe, basta con l’aria fritta. Andiamo a rivisitare le partite che nel campionato 2004/2005 sono state, secondo l’accusa, falsate nel risultato.

Esse vanno suddivise secondo tre criteri: a) le ammonizioni mirate; b) i sorteggi truccati; c) le partite condizionate.

Tenacemente vincolati a “un ragionevole e calibrato sforzo interpretativo”, come suggerito dallo stesso De Gregorio, andiamo a scoprire come si sono indirizzate le indagini dei carabinieri.

Naturalmente ci viene in soccorso il colonnello Attilio Auricchio, già maggiore ai tempi della realizzazione delle informative, con le dichiarazioni rese al processo di Napoli.
Da La Stampa del 09/02/2010. “Auricchio ha ricordato che l’indagine fu avviata dopo alcune segnalazioni sulla squadra del Messina e i suoi rapporti con la Gea (la società di procuratori ritenuta vicina all’ex dg della Juve Luciano Moggi) e con lo stesso Moggi. Un altro spunto investigativo fu offerto dall’ex dirigente del Venezia, Dal Cin, il quale ai pm di Napoli aveva fatto riferimento all’esistenza di una «combriccola romana» di arbitri che sarebbe stata in contatto con la Gea. Da qui scaturiscono le intercettazioni telefoniche, autorizzate dalla magistratura napoletana, che avrebbero rafforzato l’ipotesi investigativa, svelando tra l’altro i rapporti tra Moggi e l’ex amministratore delegato juventino Antonio Giraudo e i designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto. I quali, avvalendosi di arbitri, si sarebbero adoperati per «inficiare, modificare, influenzare i risultati». Il colonnello dei carabinieri ha affermato inoltre che dalle indagini è emerso che «il sistema di potere gode di appoggi istituzionali», con un gruppo di dirigenti che ha come «obiettivo quello di mantenere il potere nelle istituzioni della Figc». Ripercorrendo le investigazioni svolte, Auricchio ha poi parlato dei sorteggi «pilotati dai due designatori strettamente legati alle scelte che Moggi assumeva». Poi si è soffermato su un altro punto, ovvero quello delle schede sim estere che Moggi avrebbe fornito ad alcuni arbitri e ai due designatori.”

Ricaviamo la preziosa informazione secondo la quale Moggi e Giraudo intrattenevano rapporti, tra gli altri, con i designatori arbitrali Bergamo e Pairetto. Documentabili attraverso le intercettazioni telefoniche. Nel 2004 era consentito ai dirigenti intrattenere rapporti con i designatori ed era la stessa federazione a promuovere la collaborazione tra le società e i vertici arbitrali, come ha ricordato lo stesso Bergamo anche a Palazzi nei giorni scorsi in occasione dell’iniziativa presa dal superprocuratore di riascoltare i protagonisti di calciopoli edizione 2006 alla luce delle novità emerse al processo di Napoli. “Il processo di Calciopoli del 2006 non è stato lacunoso, è stato una farsa”. “Ribadirò che parlavo con tutti (club e dirigenti di Serie A, ndr) perché la Federcalcio ci aveva detto di tenere contatti con tutti e noi lo facevamo con il massimo della disponibilità” . Come riporta Tuttosport del 21/12/2010, che recita: “… oggii riparte l’indagine, nove mesi dopo che tutto il mondo ha saputo che nei verbali di Procura c’e¬ra solo tutto quanto ruotava attorno a Moggi, con la fru¬strante sensazione che sia tardi. Per immaginare un pro¬cesso sportivo uguale per tutti, che non ci sarà più. Con pe¬ne diverse per tutti o spiegazioni meno frettolose: perché reato sportivo era allora parlare o sobillare gli arbitri. Ma allora abbiamo dato tutti per scontato che chi indagava avesse esplorato tutto: verificato se le ammonizioni erano preventive (e non lo erano); se i sorteggi erano truccati (e nessuno al processo, giurando di dire la verità, l’ha mini¬mamente confermato); se Paparesta era davvero chiuso nello spogliatoio, visto che lui non lo conferma. Togli qua e togli là, l’illecito pare molto meno strutturato, la combric¬cola molto meno romana e torinese, Calciopoli 2006 un processo monco”.

Riflessioni, si potrebbe dire, per quanto amare, fatte col senno di poi. Perché a voler ripercorrere le tappe della deposizione resa da Auricchio al processo di Napoli, si ritrovano un po’ tutti gli ingredienti che hanno consentito di non operare a suo tempo con il senno di prima.

Oggi il colonnello Auricchio, oltre ad avere ricevuto una promozione, insegna tecnica investigativa. Perciò vale la pena di spendere due parole su quello che fu il metodo seguito da lui e dai suoi collaboratori nello svolgimento delle indagini relative a calciopoli. A Napoli Auricchio dice: “La nostra non era un'indagine conoscitiva o statistica, era un'indagine investigativa. Esiste un mezzo di ricerca della prova che è l'intercettazione, e noi quello abbiamo seguito. Appena è saltato fuori un dirigente di un'altra squadra, non abbiamo fatto altro che intercettare anche il dirigente dell'altra squadra”. Non si spiega perché non furono intercettati, fra gli altri, Facchetti, Moratti, Galliani o Cellino. Al limite non si spiega nemmeno come gli stessi Ruggiero Palombo e Andrea Monti, della Gazzetta dello Sport, abbiano dovuto ammettere rispettivamente che ci sono “dei buchi nell’indagine” e che la stessa indagine “non è un totem granitico” . Sia Auricchio che Di Laroni, uno dei suoi più stretti collaboratori, hanno testimoniato a Napoli che di solito l’attività investigativa partiva da un’ipotesi indiziaria ricavata per es. da una convergenza di probabili indiziati nello stesso luogo, come nel caso della combriccola romana, oppure dalla semplice sequenza temporale con la quale una telefonata che vedeva per protagonisti Moggi e i designatori arbitrali precedeva di poco lo svolgimento di una partita. E’ il caso di Roma Juventus del 5 marzo 2005.

Narducci: “I sorteggi si svolgono il 4 marzo, vorrei saper se c’è una telefonata antecedente il giorno 4 in cui Moggi e Giraudo parlano di Racalbuto”. Auricchio: “Sì, il contatto c’è ed è del 2 marzo. Giraudo fa riferimento ad un incontro istituzionale in cui ebbe modo di intrattenersi con i fratelli Della Valle e con Tronchetti Provera. Giraudo riferisce a Moggi, non ne ha capito bene la fonte, ma c’era un accostamento tra lo stesso Moggi e l’arbitro Racalbuto. Accostamento che l’arbitro fosse vicino a Moggi Luciano”. Narducci: “E quindi?”. Auricchio: “Questa telefonata è del 2 marzo, in largo anticipo sulle successive designazioni che di lì a poco sarebbero avvenute. Al di là di questo il sorteggio accosta l’arbitro Racalbuto alla partita Roma – Juventus”.

Tutto qui. Nessun nesso, a parte quello cronologico, che possa far pensare ad accordi presi per la partita. Narducci chiede ancora: “Ci sono elementi per affermare che prima della partita Mazzei è stato nel ritiro della Juve?” . Auricchio: “Il collegamento è indiretto, nel senso che è un de relato di Antonio Girelli riportato in una conversazione… La fonte di Girelli è Carlo Tavecchio, presidente della lega dilettanti…”. Quasi fosse un gioco, paradossalmente quello del telefono senza fili. Per una ricostruzione complessiva gravemente lacunosa e improbabile, nel corso della quale si cerca non di dare importanza primaria a un dato di fatto perché venga collocato correttamente all’interno di un’ipotesi, ma al contrario si fa un ipotesi e si cercano poi solo e soltanto quei fatti, reali o anche solo immaginati, ad es. gli sconosciuti contenuti di un incontro, che risultino essere di conforto.

Ora che abbiamo un’idea di come si è arrivati all’individuazione delle partite finite nell’occhio del ciclone, almeno per quanto riguarda la Juventus, disputate nel campionato di calcio 2004/2005, faremmo bene ad approfondirla, con la lettura diretta di ampi stralci delle informative dei carabinieri e delle deposizioni rese al processo di Napoli. Per poi passare, sempre seguendo quella “concatenazione logica, temporale e funzionale” raccomandata da De Gregorio, ad analizzare il corpo del reato telefonicamente perpetrato. Le partite. Per cercare di capire se furono o non furono falsate. Se ci fu o non ci fu frode sportiva. Reale o tentata.

Sentenza Giraudo svelata

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