Calciopoli non è solo un derby d’Italia giocato in un’aula di tribunale...Immagina di riavvolgere il nastro di calciopoli e di rileggerlo da due punti di vista che da otto anni si rimandano un boccino che, a guisa di sfera magica, racchiude l’essenza di una diatriba tra universo bianconero e nerazzurro. Puoi, perché davanti alla quarta sezione del tribunale di Milano Luciano Moggi risponde alle accuse di Gianfelice Facchetti di aver diffamato il nome di suo padre Giacinto, secondo il capo di imputazione formulato dal pm Elio Ramondini, per aver lasciato
“falsamente intendere che lo stesso Giacinto Facchetti avesse commesso quei reati quali quelli da lui (Moggi, ndr) commessi”. Calciopoli non
è solo un derby d’Italia giocato in un’aula di tribunale. Lo ha spiegato recentemente anche Camoranesi in un’intervista a Repubblica (
Link) , chiedendosi ancora come è potuto accadere che la Juventus potesse essere condannata alla serie cadetta dopo essere stata spogliata di due scudetti e rispondendosi che si trattò di un “
problema politico”. In esso confluirono e giocarono il loro ruolo i molteplici interessi sportivi e finanziari che animano il mondo del calcio italiano dentro e fuori dagli stadi, in modo che nella pugna non si gettarono due universi l’un contro l’altro armati, ma si armarono tutti contro chi aveva posto le basi per dominare il calcio italiano per molti anni a venire. L’insoddisfazione morattiana e le sue rivendicazioni extrasportive restano tuttavia il baricentro di calciopoli, attorno al quale continuano a gravitare i suoi misteri.
“Qualche mese fa ti chiedevo un po' scherzando un po' sul serio come mai non riuscivamo ad avere un arbitro amico, tanto da sentirci almeno una volta protetti. E tu, con uno sguardo fra il dolce e il severo, mi rispondesti che questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace” (
Link ). Con queste parole Massimo Moratti rendeva omaggio alla memoria di Giacinto Facchetti, che il 4 settembre 2006 se ne andava appena dopo aver visto la Juve in serie B, stroncato da un tumore al pancreas. La tentazione sarebbe forte, ma il processo che si sta aprendo a Milano, sede assai diversa da Napoli, non solo perché l’Inter vi gioca in casa, ma perché lì si è celebrato il processo Telecom e presso quella procura giace il
modello 45, non può essere inteso come un processo a Giacinto Facchetti, icona del calcio e dello sport italiano. A poche settimane dalla scomparsa è stato insignito dalla FIFA del Presidential Award postumo per il contributo dato al calcio da giocatore e dirigente. Per i grandi valori sportivi e morali la Lega Nazionale Professionisti gli ha intitolato il Campionato Nazionale Primavera – Trofeo Giacinto Facchetti e la Gazzetta dello Sport ha istituito il Premio Internazionale a suo nome che intende promuovere i valori della correttezza e del rispetto dei valori sportivi. Un’ansia etica che non deve diventare accanimento nell’ultimo dei processi derivati da calciopoli, perché ci allontanerebbe ancora una volta dalla ricostruzione seria e non faziosa dei fatti.
Una ventina di giorni dopo la morte dell’amico e dirigente interista Massimo Moratti rispose a Sabelli Fioretti per Corriere Magazine e a Beccantini per La Stampa intorno all’affaire
dossieraggi illegali Telecom sul calcio (
Link), ammettendo che
“un tizio si era offerto di farlo” . Dalla voce di quel tizio, identificato nell’ex capo della sicurezza Telecom, Giuliano Tavaroli, è arrivata la conferma al processo Telecom. I dossier furono redatti in collaborazione con l’agenzia investigativa di Cipriani e, come ha testimoniato anche la signora Caterina Plateo, ex segretaria del presunto suicida Adamo Bove, con la partecipazione del Tiger Team, l’unità informatica accusata degli hackeraggi compiuti in seno all’azienda di cui era Presidente Marco Tronchetti Provera, che è stato scagionato dall’accusa di essere responsabile e mandante, se non per aver ricettato un CD che attesterebbe la guerra di spie intercorsa con Telecom Brasile ai tempi della sua acquisizione.
Nel maggio 2006 Marco Mensurati di Repubblica fornì a calciopoli il suo attore più pittoresco (
Link):
“Danilo Nucini. Ha 45 anni, gli occhi blu, il cranio rasato. Secondo alcuni è un pentito, secondo altri è una vittima, lui si definisce un caterpillar e, con una punta di autoironia, il Cheguevara degli arbitri". L’
”ex giacchetta nera italiana di medio livello” si ritrovò nell’aula 216, a raccontare di
"Un sistema da ribaltare dall'inizio alla fine. Un mondo in cui si insegna la sudditanza psicologica sin dai primi anni di carriera, sin dalle categorie inferiori". A ribaltare quel sistema, non bastasse Baldini, lui si era messo insieme con Giacinto Facchetti, al quale, come ebbe a testimoniare a Napoli, lo legarono rapporti di amicizia e frequentazioni che si protrassero per un paio di anni, nonostante fosse un arbitro in attività e gli capitasse anche di arbitrare l’Inter (art. 6: illecito sportivo). Come testimone dell’accusa è stato giudicato inattendibile, come il memoriale che Gianfelice ha presentato quale prova della volontà di suo padre di porre fine all’egemonia di Juventus e Milan e quindi di Moggi, Giraudo, Galliani, Carraro (il quale però è sembrato sempre più attento agli interessi di Inter e Roma) sul calcio italiano. Nonostante la voglia di Facchetti di agganciare alla locomotiva Inter le altre squadre nella lotta per un calcio pulito, la società di Moratti però strizzava l’occhio alle grandi avversarie, nella disputa per i diritti televisivi contro le piccole capitanate da Della Valle, votando per Galliani e Carraro piuttosto che per Zamparini e Abete.
Il 25 ottobre 2010 andava in onda una puntata di “Notti magiche” e Luciano Moggi, comprensibilmente ansioso di togliersi qualche sassolino dalle scarpe dopo che il suo consulente informatico, Nicola Penta, aveva riportato alla luce le intercettazioni nascoste, seppur baffute, che testimoniavano di intrusioni interiste nell’operato di arbitri e dirigenti della FIGC, si ritrovò faccia a faccia con Javier Zanetti e non poté trattenersi dall’affermare:
"Quello che emerge dal processo di Napoli e che emergerà ancora: le telefonate del tuo ex presidente che riguardano le griglie e la richiesta ad un arbitro di vincere la partita di Coppa Italia con il Cagliari, e l'arbitro era Bertini. Ci sono le telefonate intercettate sue, le telefonate di Moratti e la telefonata di imbarazzo di Bertini, i pedinamenti, le intercettazioni illegali e anche i passaporti falsi e quindi sta' zitto Zanetti, è meglio per te ed è meglio per l'Inter" (
Link ). Scattò la denuncia di Gianfelice.
Il 4 luglio 2011 il procuratore sportivo Palazzi sancì i presunti illeciti dell’Inter e li prescrisse. L’8 novembre 2011 la sentenza di primo grado di Napoli condannò Luciano Moggi a 5 anni e 4 mesi per la promozione di un'associazione a delinquere detta “cupola del calcio”. Il 17 dicembre 2013 la pena è stata ridotta a 2 anni e 4 mesi. L’arbitro Bertini figura tra i superstiti dell’associazione, nonostante abbia rinunciato con De Santis e Dattilo alla prescrizione. Tra le appendici di calciopoli è agli atti processuali un punto a favore di Vieri, che è riuscito a farsi risarcire simbolicamente per una cifra intorno a un milione di euro per i dossieraggi illegali, e uno contro De Santis, che non ce l’ha fatta. La linea difensiva dell’Internazionale sembra aver dirottato su Giacinto Facchetti le eventuali responsabilità.
C’è un solo rimprovero che si può muovere all’indirizzo dei legali di Moggi e consiste nel non aver insistito per chiamare a deporre a Napoli Moratti (che si defilò troppo facilmente accampando la scusa di un viaggio oltreoceano) e Tronchetti Provera. Tuttosport promette che li vedremo a Milano sul banco degli imputati, dove sarà chiamato anche Alvaro Recoba, avendo il 21 gennaio 2009 il GUP di Milano assolto Luciano Moggi dall'accusa di diffamazione nei confronti dell'Inter per aver dichiarato che la società nerazzurra si era salvata patteggiando il caso del suo passaporto falso.
Il 24 novembre 2009 a Torino Moggi, Giraudo, Bettega e la società Juventus sono stati assolti "perché il fatto non sussiste" dalle accuse di falso in bilancio nella gestione dei conti della società bianconera. Un’assoluzione con formula piena che né Inter né Milan possono vantare.
Domenica 5 gennaio Luciano Moggi ha messo piede per la prima volta allo Juventus Stadium per seguire il match Juventus Roma. L’augurio è che possa un giorno uscire a testa alta dal labirinto delle calciopoliadi. Giochi pericolosi che torneranno a far male al calcio italiano finché non sarà resa giustizia alla sua storia.
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