Giusto qualche giorno fa parlavamo dei
“dolori finanziari” (
Link) di cui troppo spesso i tifosi si fanno carico. Impotenza concorrenziale (economica) e gap col resto dell'Europa calcistica sono stati rilanciati dalle dichiarazioni di Beppe Marotta a margine dei sorteggi per i gironi di Champions:
«In Italia dobbiamo competere assolutamente per lo scudetto. In Europa dobbiamo dare il massimo, il gap con gli altri club esiste e più passano gli anni e più aumenta» e rispondendo su un possibile ingaggio di Falcao:
«serve realismo nel riconoscere che si tratta di operazioni non alla nostra portata». Le parole di Marotta si prestano a essere discusse da molteplici punti di vista. Si può criticare la strategia comunicativa e la relativa opportunità di farsi vedere in disarmo (strategia di cui la maggioranza dei tifosi bianconeri si dolgono da tempo); ci si può chiedere se e di chi sono le colpe di questo crescente gap europeo; a stagione europea conclusa, quelle parole si possono persino prendere quale pretesto per una resa dei conti di tutto un movimento calcistico che in effetti mostra gravi affanni fuori dai confini nazionali.
Fedeli al presupposto di non farci coinvolgere troppo dalle lamentele sui bilanci e competitività delle squadre di calcio (chi di noi non ha cose più importanti di cui preoccuparsi?), noi approfittiamo delle parole di Marotta per proporre una
provocazione non polemica: se le sofferenze juventine nel fare mercato e accrescere la competitività tecnica derivano da una situazione societaria compromessa da un recente passato che ha ancora ripercussioni finanziarie, a livello di politica aziendale non sarebbe il caso di accelerare quella questione che potrebbe portare nelle casse fino a quattrocentoquarantaquattro milioni di euro (più interessi)?
Il ritornello del gap derivante dall'impossibilità economica di arrivare ai cosiddetti top player, più che una riflessione per cercare di superare la situazione, appare ormai una esimente usata per far accettare il deficit di competitività. Quasi che non si voglia fare molto per rimediare (il discorso non vale solo per la Juve e per Marotta), l'importante sembra essere diventato il tenere comunque attaccati al calcio i tifosi facendogli piacere la qualità di un prodotto che è quello che è.
Il tifoso però non è un mero esercizio di marketing, vuole appassionarsi di più alle cose del campo, deve poter sognare senza doversi prendere l'assillo della calcolatrice. Se c'è un divario di competitività piuttosto che dare l'impressione di accettare l'andazzo e cercare di farlo somatizzare al tifoso, i dirigenti delle squadre italiane dovrebbero trovare le contromisure e ridurre il divario. Il come è appunto compito loro. Certo per la Juventus quei quattrocentoquarantaquattro milioni sarebbero una bella medicina...
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