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Farsopoli di N. REDAZIONE del 19/12/2018 17:45:32
La Cassazione spernacchia Agnelli

 

Di Crazeology

In questi anni troppi tifosi hanno sperato che la giustizia (scritto doverosamente in minuscolo) facesse un po' di chiarezza sui fatti del 2006. Quasi come se un giorno, in fondo al tunnel, si potesse finalmente ritrovare la luce del sole.

Alla giustizia sportiva in effetti non crede più nessuno, ma qualcuno sperava che con i tribunali veri forse qualcosa di buono sarebbe saltato fuori, prima o poi. Ma di fondo questo è un paese dove regna l'incompetenza a tutti i livelli, in buona parte della classe dirigente italica, e nei tribunali non è diverso.
E fu così infatti, che anche questa volta, una nuova sentenza, quella della Cassazione, ha dichiarato la propria incompetenza rispetto alla vicenda dello scudetto del 2006 assegnato all'Inter.
Insomma, è roba per tribunali sportivi quella, non per tribunali veri. Esiste il principio di autonomia del diritto sportivo e del suo ordinamento. Così è, se vi pare. Ovviamente subito dopo la diffusione della notizia il più grande rosicone della storia del calcio, Massimo Moratti, tutto gongolante, ha ribadito che tutto è bene quel che finisce bene, e che ora solo i tifosi Juventini devono accettare la realtà.
Riguardo ai suoi rapporti con Agnelli, ha fatto capire che sono buoni e che di fondo lo sono sempre stati più o meno. Solo che ora sono un po' più alla luce del sole (al contrario del tunnel di cui si parlava, in quel rapporto la luce del sole in effetti non è mai mancata, altrimenti, tanto per fare un esempio a casaccio, Agnelli non avrebbe proposto proprio a Moratti di candidarsi alla presidenza della FIGC solo qualche tempo fa).

Eppure questa nuova sentenza non deve stupire. La collezione di sentenze di incompetenza è lunga, visto che già la Corte d'Appello di Roma si era espressa nello stesso modo, il Tnas pure, il Tar pure, ecc. Ma il bello è che se ci si rivolge alla giustizia sportiva, la situazione è identica. La Corte Federale si dichiara incompetente, e via così. E' un cane che si morde la coda, cambia solo qualche dettaglio tecnico di volta in volta, ma la sostanza non cambia, perché nessuno ha voglia di prendere la relazione di Palazzi e farsene carico. Anche perché quella relazione, va detto per onestà intellettuale, non è mai stata discussa davanti ad un giudice di qualsivoglia genere.

Le istituzioni tutte, sportive e non, in sostanza, per ora dicono: "è una questione vostra, risolvetevela tra voi torinesi e milanesi, e poi, nel caso, fateci sapere".
Come fatto notare da alcuni osservatori, in effetti la soluzione riguardo a questa lunga e vecchia questione si può avere solo per vie "politiche".
Le sentenze lasciano il tempo che trovano in un paese sfatto come il nostro. Ma tutti sappiamo che Moratti non cederà mai di un millimetro. Conviene quindi passare oltre, e andare al nocciolo della questione. Le domande da porsi dunque sono:

Agnelli è davvero interessato a risolvere questa contesa, a tutti i costi, e costi quel che costi?
Oppure tutte le attività legali messe in piedi dal 2011 in poi sono solo servite a legittimarsi davanti agli occhi dei tifosi come Juventino duro, puro, e rancoroso, nell'attesa che nuovi successi bianconeri potessero far dimenticare il 2006 e tutti i suoi strascichi?


La risposta a questa domanda scomposta in due parti consequenziali, probabilmente ce l'ha data Moratti stesso nella sua dichiarazione.
La risposta ce l'ha data Agnelli stesso con dichiarazioni molto simili in passato ("siamo cresciuti assieme", raccontava alla stampa).
La risposta ce l'ha data Agnelli stesso quando disse "Moggi lo abbiamo perdonato" (di che cosa, si può sapere, di grazia?).
La risposta ce l'ha data la molle difesa legale della Juventus al pro-cesso penale di Napoli, dove tutta la colpa è stata scaricata sui due ex dirigenti.
La risposta ce l'ha data la Juventus stessa quando si è ben guardata dal costituirsi parte civile nel processo Telecom sullo spionaggio.
La risposta ce la da quotidianamente la molle difesa del club verso tutti gli attacchi mediatici continui che riceve, mentre parallelamente agisce per vie legali contro piccole associazioni di tifosi gobbi, siti e sitarelli, per piccole questioni di loghi, disegnini, nomi e nomignoli, proprio mentre a breve sta per essere lanciato un nuovo logo del club.
La risposta ce la da un fatto semplice semplice: Calciopoli è uno scandalo mediatico, e per ribaltarlo serve un altro e più forte scandalo mediatico in direzione contraria. Agnelli, anche all'ultima assemblea degli azionisti, svoltasi il mese scorso, ha detto chiaramente che lui predilige il silenzio. In pratica è come se il club fosse di proprietà di un piccolo e volenteroso imprenditore, che lavora in silenzio tra mille difficoltà, e non di un gruppo finanziario che vale 150 miliardi di euro e forse più.
Che i tifosi tutti si rassegnino. Le mani in cui è la Juve sono queste, che ci piaccia o meno.

Calciopoli è quasi finita, bisogna che i tifosi ne prendano atto, ha ragione Moratti. L'ultimo tassello che manca è solo il coraggio di Agnelli e dei suoi due nipoti Elkann, di affermare che gli scudetti sono 34, perché alla fin fine la Juve, quella Juve, un po' rubava, mentre l'Inter era onesta. Ma non disperiamo, che magari una volta o l'altra quel giorno arriverà, e ci racconteranno finalmente la sciocchezza del secolo.
Ogni tanto me li immagino tutti e tre, i nostri eroi, mentre ne parlano, ne confabulano, ne sussurrano fra loro, nelle loro riunioni, o nei loro incontri, o nelle loro cene. Come possiamo fare? Come comunicarlo? Quando comunicarlo? Aspettiamo prima di vincere una ChampionsLeague così che tutti i tifosi fessacchiotti siano ubriachi? E comunque, chi di noi tre deve prendersi questa rogna? Chi di noi se la sente?

E mentre faccio lugubri pensieri ipotetici su questi dialoghi surreali, pur di trovare un lato ironico a questo dramma vergognoso che ha distrutto l'onorabilità di un club centenario, ricco di glorie, immagino sempre uno di loro che ad un certo punto con grande commozione prende l'iniziativa, si alza in piedi con sguardo fiero verso l'infinito, e pronuncia una famosa battuta del Principe Antonio De Curtis, alias Totò, in un vecchio film ( Figaro qua, Figaro là - 1950 ):
"Il coraggio ce l'ho. E' la paura che mi frega!"

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