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Attualità di N. REDAZIONE del 14/06/2021 08:04:35
Lo stop del J-Project di Agnelli - vol. 3

 

Di Crazeology

“Oh, it never came, how could it have, baby”

“Oh, non è mai arrivata, e come avrebbe potuto, baby?"

- This is how (We want to get high) - George Michael - 2019 -



- I RISULTATI SPORTIVI -

Grazie ad alcune scelte iniziali azzeccate, Conte allenatore della rinascita su tutte, è iniziata una lunga fase di successi nazionali che è durata 10 anni, e un numero importante di trofei sollevati al cielo. Forse per molti tifosi annoiati e bastian contrari per definizione, questo dato non è molto chiaro e focalizzato nella propria zucca; calcisticamente parlando 10 anni sono un’eternità. Un tempo lunghissimo invidiabile per qualunque sportivo in qualunque sport. In molti darebbero un braccio per poter vincere trofei importanti per 10 anni di fila. Nonostante tutto ciò, non bisogna dimenticare che il club è anche arrivato due volte in finale di Champions League con Max Allegri, e che ha perso molto malamente tutte e due le volte. Gli avversari erano, sì, formidabili, ma prendere 7 gol in due sole partite con una difesa di altissimo livello come la nostra, è un fatto gravissimo e umiliante, che sminuisce anche un po’ i risultati nazionali ottenuti. Anche perché in risposta a quei 7 di gol la Juve ne ha realizzati solo 2. Si è trattato in entrambe le occasioni di una disfatta. E in altre annate la Juve è uscita dal torneo continentale giocando partite sbagliate contro squadre mediocri o nettamente inferiori. Con Conte sostanzialmente nemmeno si è vista la Juve in Europa.
Mentre sempre con Allegri sulla panca, la Juve in CL ha anche buttato alle ortiche, nonostante ottime prestazioni della squadra, un ottavo di finale col Bayern e un quarto di finale col Real, per il solito atteggiamento sparagnino sul più bello, la mania di fare calcoli insomma.
Questi ultimi due anni in particolare poi, hanno visto tutta la parte sportiva nettamente calante, con scelte di mercato un bel po’ tecnicamente e tatticamente pasticciate, e con risultati sempre più scadenti e scarni. Si sono visti molti cambiamenti e divisioni dirigenziali riguardo alle singole scelte. E da quello che è dato capire da fuori, tutti hanno delle responsabilità, anche moltissime lo stesso Presidente, che evidentemente si è forse ubriacato dei successi nazionali e ha cominciato a considerarsi la vera anima vincente del club. Lo spirito guida. Guida spirituale e guida gestionale, a tratti conformista alle regole consolidate dei dettami dell’economia d’impresa (da buon Bocconiano), a tratti una sorta di manager istintivo un po’ hipster capace di improvvisare decisioni alternative, fantasiose e inaspettate, ma vincenti. Una sorta di decisionista, tipico della famiglia Agnelli se vogliamo, ma anche manager più proiettato nella modernità e fornito di grandi intuizioni. Un Agnelli 2.0 insomma. Ma si è sbagliato, evidentemente. Per esempio proprio il suo mancato appoggio diretto a Sarri lo scorso anno, ha permesso ai “senatori” di giocare la seconda parte di campionato in autonomia totale, e rischiando anche di perderlo nonostante il vantaggio in classifica. In questa stagione invece la scelta di Pirlo, alla prima esperienza in panchina. Esperienza non fallimentare in senso stretto, visti i due trofei ottenuti e la qualificazione in Champions, ma che rapportata al monte ingaggi e alla qualità degli avversari diventa deludente per forza di cose. Probabilmente gli serve un bel bagno di umiltà al Presidente, perché deve entrare nella dimensione che è solo un uomo, come tutti, e può sbagliare anche lui, basta solo ammetterlo a se stessi. Non sempre essere snob e gonfiare il petto paga.
Inoltre, ricordiamo che il nepotismo, le simpatie e le amicizie personali, non devono mai entrare nella gestione di una qualunque attività che debba funzionare. Questo è un vizio di famiglia peraltro, che spesso nella sua lunghissima storia d’impresa ha preso decisioni non del tutto ragionate, favorendo singole persone per motivi che stanno a cavallo tra le esigenze reali, lo snobismo, l’eccentrico, l’egocentrico, le simpatie, le amicizie, il fascino, ecc. Vecchio vizio anche italico bisogna ammettere, paese che molto spesso trasforma, a volte addirittura spudoratamente, la utilissima e fisiologica “segnalazione” nella rischiosa, brutta e iniqua “raccomandazione”. Nel calcio poi spesso questo aspetto è l’elemento che fa la differenza tra una grande squadra e una provinciale.
Detto tutto ciò, il saldo, innumerevoli trofei e innumerevoli record alla mano, è molto positivo per forza di cose, ma in effetti rimane la sensazione di un lungo ciclo che finisce con un coitus interruptus. Grandi vittorie, meritatissime, ma solo in Italia e con avversari non sempre fenomenali e costanti nel loro rendimento, e tanti scivoloni di vario genere lungo il percorso. Più alcune occasioni mancate, come la finale di Europa League a Torino, la Supercoppa di Doha, e alcuni campionati sofferti sul finale molto più del necessario. In questa stagione poi, sul rettilineo finale di questa corsa lunga 10 anni, lo schianto contro squadre di piccolo cabotaggio e donazione dello scudetto all’Inter del duo di grandi ex Marotta-Conte. Tanto per non farci mancare nulla…
E per onestà intellettuale va ricordato anche che, al di là delle tante vittorie e delle poche sconfitte, in tutti questi anni si sono viste una quantità enorme di partite noiosissime, senza una vera idea di gioco (dando comunque per scontato che ogni tifoso legittimamente ha i suoi gusti e le sue priorità, sentimentalmente e sportivamente parlando). Eppure anche questo dato ha la sua piccola importanza.
A latere va anche ricordato il giovane progetto di calcio femminile, con molti trofei alzati al cielo, anche se la Juventus femminile a Torino esisteva già dalla fine degli anni 70, e la nuova Juventus femminile voluta da Agnelli non ha lo stesso fascino di quella vera.
Insomma, complessivamente molto bene, ma con diverse ampie incrinature.

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