E’ il nome di un racconto dedicato alla strage dell’Heysel da Andrea Pelliccia nel suo recente libro “Quando c’era Paolo Valenti”.
"Quando c'era Paolo Valenti" parla degli anni Ottanta, di quello che, nel bene e nel male, è stato il decennio più intenso del calcio italiano. Non è un saggio, ma un libro di narrativa: alcuni degli eventi calcistici di quegli anni fanno da sfondo a storie inventate. Tra queste storie c'è quella raccontata in "Sotto un cielo rosso sangue". Quando ho deciso di scrivere questo libro mi sono subito detto che non avrei potuto raccontare quegli anni senza parlare della strage dell'Heysel. Non si può dimenticare o fare finta che non sia successo nulla, non si può dire a un ragazzo che oggi ha venti o trent'anni che il calcio di quegli anni è stato solo Paolo Rossi, Platini e Maradona. Ho usato toni lievi, pacati. Ho raccontato la storia di un ragazzo, dei suoi sogni e delle sue passioni. Storie, sogni, passioni comuni a chi era in quel maledetto stadio il 29 maggio 1985. Ecco, questo è lo spirito con cui mi sono cimentato nella scrittura di questo lungo racconto”.
Sono le parole dello scrittore Andrea Pelliccia per la presentazione del suo nuovo libro edito a Luglio da Absolutely Free. Per sua cortese volontà ho avuto il piacere e l’onore di leggere in anteprima il racconto sull’Heysel nelle scorse settimane. E’ una storia semplice di un ragazzo semplice, studente torinese appassionato di Juventus e iniziato al rock quasi per caso nel dormiveglia di una lezione di filosofia. Questa sua nuova passione lo porterà fra gli altri gruppi a conoscere una band emergente all’inizio degli anni 80, gli U2. Il testo di una loro splendida canzone del 1984, “New Year's Day”, è il sancta sanctorum del racconto. Nel testo del brano si legge: “Under a blood-red sky a crowd has gathered in black and white. Arms entwined, the chosen few, newspapers say, it says it's true.” Un triste e crudele presagio che sposerà nel sangue il bianco con il nero, l’inconsapevole evocazione di strage e di morte di quella famigerata data del 29 maggio 1985 nel vergognoso catino di Bruxelles. L’Heysel, però, non è centrale rispetto alla narrazione, ma epilogo della storia, del percorso di Filippo, il suo giovane protagonista, della sua comune esperienza di vita, ma molto speciale per se stesso, per le persone che impara ad amare, durante. L’inizio del racconto, placido, quasi lento può ingannare il lettore, presumendo che non avvertirà le emozioni promesse dal titolo. La storia, invece, successivamente si avvolge sempre più su se stessa gradatamente con maestria e mestiere da parte dell’autore scagliando nel finale una staffilata al cuore. Un racconto che potrebbe tranquillamente ispirare la sceneggiatura di un grande film italiano. Non sarei affatto sorpreso che nel tempo ciò possa persino avverarsi. Questa storia in particolare e la memoria dell’Heysel lo meritano.
www.saladellamemoriaheysel.it
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