Il 7 agosto Il Sole 24Ore dava una notizia a dir poco shockante. A 7 anni da calciopoli non è che si possa dire esattamente tutto e il contrario di tutto su Luciano Moggi, poiché molte cose sono cambiate, soprattutto per chi si sia assunto l’onere di soppesare il materiale accusatorio e le modalità attraverso le quali è stato raccolto e utilizzato dagli inquirenti e dalle difese, seppure la sentenza di primo grado del processo di Napoli sia stata ampiamente negativa e sproporzionata di fronte alle motivazioni della condanna. Tuttavia è certo che si possa affermare che l’ex DS della Juventus non abbia fatto a meno di provare a difendersi con le unghie e con i denti. Viviamo in un paese nel quale se un imputato vuole mettere seriamente mano alla propria difesa deve essere in condizioni di mettere abbondantemente mano al portafogli, pagarsi profumatamente la documentazione prodotta dall’accusa onde poter orchestrare la difesa, munirsi di legali e periti all’altezza della situazione. In un paese nel quale la situazione ogni giorno ci mostra che i casi giudiziari ritenuti più eclatanti finiscono per trovare una celebrazione spesso da Santa Inquisizione sui giornali e nelle televisioni. Presso i quali e le quali a dettare legge non è più il diritto in senso lato e i diritti della persona, ma la voce del padrone, cioè di colui che è più attrezzato a orientare il “sentimento popolare”. Il leit-motiv ci riporta inesorabilmente e per l’ennesima volta a quanto dichiarato dal giudice Serio dopo la sentenza sportiva di calciopoli: “Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo. Abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla lunghezza d'onda” (Link: Salvati perché la gente voleva così).
E non meno alla pluricitata intervista al “giudice della sentenza del 2006”, quel Sandulli che basò la terribile condanna inflitta alla Juventus (serie B con penalizzazione e privazione di due titoli, uno relativo a un campionato neppure sotto inchiesta) su una base essenzialmente etica, più o meno come il non indossar cravatte, non essendo già allora stati riscontrati illeciti, punibile in virtù di un illecito strutturato all’epoca dei fatti non ancora introdotto nel CGS (Link ).
Kafka e Pirandello si sarebbero buttati a pesce nelle vicissitudini di Luciano Moggi. Quelli di noi che sotto l’ombrellone ambiscono a letture un attimino più elevate della Gazzetta dello Sport lo sanno bene. Così come quelli tra i tifosi bianconeri che ancora non amano farsi firmare autografi neppure a Villar Perosa da John Elkann, devono esserci rimasti di sale a leggere ciò che Il Sole 24Ore ha buttato lì in una sonnacchiosa giornata di agosto: la presunta resa di Moggi, i legali del quale avrebbero gettato la spugna e fornito l’assist ai giudici della Cassazione per non accettare nemmeno il ricorso contro la radiazione perpetua dal mondo dello sport, presentando una documentazione bislacca e farlocca (Link: E’ debole la difesa di Moggi: irricevibile il suo ricorso in cassazione ).
Tre giorni dopo, giorno 10 Agosto, è arrivata su Tuttosport la puntualizzazione del professor Tedeschini (Link: Radiazione, Moggi va a Strasburgo ), uno degli avvocati messi sotto accusa, che ha spiegato come in realtà il passaggio attraverso la Cassazione non sia da considerarsi né più né meno che una tappa obbligata nel cammino verso la Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo. A difesa della difesa il professor Tedeschini ha ironicamente sottolineato che i giudici della cassazione non avrebbero nemmeno letto il fascicolo presentato insieme al ricorso, sebbene a mio avviso sia incastonata proprio nell’iter processuale della radiazione la gemma del lavoro dei legali di Moggi.
Il 6 giugno del 2011 un Prioreschi in grande spolvero mostrò tutta la sua abilità professionale e la sua arte oratoria mettendo in luce punto dopo punto tutte le incongruenze e i misfatti di calciopoli (Link: Calciopoli Moggi: “Radiazione? Da scherzi a parte”) adversus un Palazzi cieco e sordo alle nuove prove e ai nuovi fatti emersi, il quale cercava di offrire a Moggi l’assurda scappatoia di una richiesta di grazia. In un tentativo estremo e paradossale di risolvere forse "all'italiana" le solite disparità di trattamento intraviste nell'incompetenza della FIGC a privare del titolo di cartone l'Inter e amplificate nel caso riguardante la mancata radiazione di Preziosi (Link: Scheletri negli armadi. Il caso Preziosi).
Nella storia infinita di calciopoli si fa sempre più fitta la lista dei pellegrini diretti a Strasburgo, dove si affidano alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo le ultime speranze di smontare anche ufficialmente calciopoli, salvo piacevoli (benché disilluse) sorprese da Napoli. Come Moggi anche l’avvocato G. Bordoni, legale di Dondarini, ha dichiarato alla nostra redazione di volervi ricorrere (Link: Legale Dondarini: ‘Ricorreremo fino a Strasburgo’).