Juve, una condanna senza fine
17 Settembre 2007
tratto da tuttosport.com
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di GIANCARLO PADOVAN
E’ tornato lo scandalo. O, forse, non ci ha mai lasciati. Calciopoli, altrimenti derubricata a Farsopoli, allunga il suo effetto grottesco e stabilisce che la Juve deve pagare ancora. Anche se ha già pagato, anche se ha pagato più di tutti, anche se si ignora perché dovrebbe continuare a pagare. Evidentemente non bastano i due scudetti sottratti (di cui uno in forza di una suprema ingiustizia), la retrocessione in serie B, la penalizzazione a meno 30, poi a meno 17 e infine a meno 9. Non basta la dissoluzione di un’intera squadra e del principale corpo di dirigenza, l’estromissione dalla Champions (al contrario del Milan) con conseguente rischio di fallimento economico. Non basta aver sopportato un campionato di serie B in cui l’espiazione, pur mitigata dalla superiorità tecnica e da una qualità morale altissima, è stata ritenuta il minimo. Non basta aver accettato atteggiamenti arbitrali indegni, come quello dello stesso Farina a Genova, i soli tre rigori a favore nel corso dell’intera stagione (a fronte dei quattro contro) e nonostante la Juve disponesse del miglior attacco della B (il primo penalty, tra l’altro, arrivò il 4 marzo, alla quinta di ritorno). Non basta più solo questo, bisogna infierire. Adesso – e siamo appena alla terza di campionato - si vuole davvero che la Juve si faccia giustiziare dagli sceriffi mandati da Collina e, da lui, debitamente istruiti. L’amico di Meani, al quale chiedeva aiuto per diventare designatore attraverso Adriano Galliani, non ha certo bisogno di architettare una strategia o di allestire complotti. Come bussola e metro di giudizio gli sono sufficienti quattro parole in croce. Queste: nel dubbio siate contro la Juve. Si era già visto a Cagliari, quando Tagliavento fischiò tre rigori, uno dubbio, uno inventato e l’altro giusto. Che a correggerlo, nel caso del secondo, abbia provveduto l’onestà di un assistente, conferma trattarsi di eccezione. PerTagliavento dovevano essere tre, non due, mentre sul terzo gol di Chiellini, l’arbitro aveva comunque ignorato una vistosissima cintura ai danni di Legrottaglie. Quanto accaduto ieri, per decisione del solito Farina, è l’ulteriore testimonianza che l’arbitro prevenuto non appartiene alla fantasia, ma è una mestissima, avvilente realtà. Negare due rigori alla Juve, entrambi inequivocabili, è impresa che rovescia i termini della sudditanza psicologica: gli arbitri continuano a praticarla a beneficio dei grandi club (l’Inter a Empoli e, ieri, la Roma a Reggio Calabria), mentre la trasferiscono a chiunque affronti i bianconeri. Può darsi che, così facendo, alcuni tendano a mondarsi da decenni di sensi di colpa. Può darsi che Collina creda in questo modo di rappresentare la sua molto presunta autonomia. Di certo si stanno compiendo ingiustizie che altrove non sarebbero vissute con la compostezza dell’attuale dirigenza e con la maturità costantemente esibita dal popolo juventino. Davanti all’Udinese, a suo modo, è stata una giornata storica. Fino ad oggi, in nessun altro stadio italiano, come avvenuto a Torino, un lanciatore di petardi era stato scoperto in flagranza di reato, identificato, bloccato e consegnato alle forze dell’ordine con il concorso vocale di tutto lo stadio che lo voleva «fuori». Atto di civiltà di cui andare fieri perché lo pensavamo possibile solo oltre confine. Peccato che tanta correttezza e collaborazione non abbia avuto in premio un arbitraggio equo e al di sopra di ogni sospetto, ma uno al di sotto di ogni decenza.
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