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Farsopoli di F. TAFARELLA del 27/03/2014 08:55:34
Calciopoli: Motivazioni che non motivano nulla/2

 

La Corte inizia dalle questioni preliminari.
La mancata perizia in ordine alla trascrizione delle ulteriori telefonate scovate dalle difese viene motivata, da un lato, col fatto che le telefonate non erano state indicate tempestivamente nel primo grado di giudizio, e, dall’altro lato, sull'assunto che le stesse conversazioni (per come trascritte dalle stesse difese e pubblicate il giorno prima dell’udienza anche “ su un sito web dedicato alla tifoseria della squadra di calcio della Juventus”, pag. 88) non avrebbero avuto una tale rilevanza da indurre ad una decisione assolutoria.

La Corte, poi, ribadisce che la competenza a giudicare spetti al Tribunale di Napoli (e non di Roma o Torino), poiché, trattandosi di reati commessi con plurime condotte consumate in più ambiti territoriali, la prima condotta rilevante (individuata nella consegna di una sim straniera a Romeo Paparesta, padre dello sventurato desaparecidos del Granillo) avvenne presso l’abitazione napoletana di Moggi.

Sulla consegna di schede “riservate” la Corte mette subito le cose in chiaro, sostenendo che “configura più di altre condotte la chiara manifestazione di una concreta operatività di quel legame (vincolo) che connota il reato” in questione (pag. 89), “anche prescindendo dal fatto che il soggetto primo prenditore delle schede non abbia poi di fatto partecipato al gruppo criminoso, attesa la creazione di meccanismo di contatti da quel momento operativo ed in cui il Paparesta Romeo appariva quale mera pedina per avvicinare altri soggetti, fra cui chiaramente il figlio, Paparesta Gianluca, all’epoca arbitro cd di prima fascia”.

Vengono poi affrontate (e risolte negativamente per le difese) una serie di questioni procedurali sulle modalità di acquisizione dei tabulati, delle intercettazioni telefoniche, nonché sulla formulazione e notificazione dei capi di accusa; l’unica questione preliminare accolta riguarda la violazione del diritto di difesa di Paolo Bergamo, poiché il Tribunale aveva ingiustamente respinto la richiesta di stralcio (o di rinvio dell’udienza di discussione) in presenza di un oggettivo impedimento del suo difensore (l’avv. Silvia Morescanti era impossibilitata a presenziare per una gravidanza a rischio).

Il merito della vicenda
Nell’affrontare il merito della vicenda la Corte riparte dalla definizione del reato associativo, richiamando principi che ormai tutti conoscono a memoria: si tratta di un reato di pericolo per la cui consumazione è sufficiente aderire ad un “programma criminoso”, senza che sia necessario commettere alcun illecito in concreto.
Secondo i giudici di appello i toni“conviviali” delle telefonate intercettate sarebbero già una prova della “gravissima intrusione” di soggetti estranei (Moggi) agli organi federali (FIGC, AIA, CAF) (pag. 103), aggravata anche dal particolare contesto storico in cui furono registrate, che vedeva lo scontro per il rinnovo delle cariche federali tra il presidente uscente della FIGC (Carraro) e quello che sarebbe poi diventato – dopo il commissariamento del 2006 - il nuovo presidente (Abete).
Disarmante (oltre che piuttosto indicativa dell’approccio adottato nei confronti delle tematiche difensive) appare la considerazione svolta dalla Corte alle pagg. 105 e 106, quando ritiene che non debba essere condiviso l’assunto “affermato dalla sentenza appellata”, secondo cui la mole delle telefonate intercettate (indicate dalla stesse Corte in oltre 172.000) abbia “di molto ostacolato la difesa … anche per il metodo investigativo adottato per congettura”, attesa che “la parità processuale in ambito dibattimentale non è certo data dal cospicuo o meno numero di prove addotte dall’Accusa, bensì dalla possibilità che entrambe le Parti possano avere piena cognizione delle stesse, elemento quest’ultimo che non appare in alcun modo sottratto alle Difese che, anzi, hanno goduto di un tempo amplissimo per richiedere (peraltro in modo confuso e incompleto …) la trascrizione di conversazioni con predisposizione di continui elenchi di volta in volta aggiornati”.

La chiave di lettura che giustifica l’associazione a delinquere ideata da Moggi viene illustrata dalla Corte con riferimento al mutato contesto del campionato di calcio, che vedeva in quegli anni (2004-2005) una contrapposizione (non solo calcistica, ma anche a livello di immagine) tra Juventus, Milan ed in parte anche l’Inter, con interessi diversificati tra gli associati (“Seppur le partite di calcio rappresentavano a volte un obiettivo, peraltro comune a più associati, le stesse assumevano un ruolo strumentale per raggiungere altri obiettivi …”, come il “potere di controllo” dei vertici federali per Mazzini, Pairetto e Bergamo, maggiore “visibilità mediatica” per gli arbitri e gli assistenti di gara al fine di una progressione in carriera; supremazia mediatica-sportiva per Moggi e gli altri dirigenti coinvolti).

Sugli indizi ritenuti decisivi al fine di dimostrare la sussistenza del reato associativo, la Corte valorizza, come detto, l’uso di schede sim “riservate” (in parte ammesso dagli stessi imputati), la cui attribuzione può ritenersi certa “in virtù dell’attenta individuazione effettuata con <>” dal teste Di Laroni (pag. 109).

Acclarata l’esistenza dell’associazione a delinquere, la Corte ridisegna i ruoli di Pairetto e Mazzini, ritenuti ai vertici del sodalizio criminoso e non semplici partecipi (per Bergamo si dovrà pronunciare con un nuovo giudizio il tribunale).

La Corte, poi, “corregge” la motivazione del tribunale sulla genuinità dei sorteggi “non per insussistenza del fatto di reato in sé, ma per una evidente mancanza o contraddittorietà della prova” (richiamando le testimonianze accusatorie di Zamparini, Martino, Auricchio, Nardone e Pesciaroli, mancando agli atti le videoriprese, e ritenendo sostanzialmente irrilevanti le deposizioni dei notai, i quali non potevano che confermare la genuinità dei sorteggi, pena una loro concorrente responsabilità penale; pagg. 115 e 166).

Dovendo la Corte arrendersi, a fronte della mancanza di prove, sui sorteggi pilotati, diversa è la conclusione sulla “fraudolenta” predisposizione delle griglie (ritenuta provata sulla base di alcune intercettazioni) ed indirettamente riscontrata dalla deposizione di Collina, il quale, per evitare ogni sospetto dopo lo scandalo del 2006, pensò bene di ritornare al sistema di designazione diretta...

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