E’
troppo presto per sostenere che la verità sta emergendo. Non è mai troppo tardi per affermare che una giustizia sportiva tanto inerte e indifferente non si vedeva da quando l’Ufficio Indagini era ritenuto, in metafora, una spiaggia. Non l’ultima, solo un luogo pieno di sabbia e insabbiamenti. Allo stesso modo certe procure venivano sinistramente indicate come il porto delle nebbie. Tuttavia credo che questa volta il dottor Stefano Palazzi, 46 anni, procuratore federale della neonata Superprocura, non potrà tergiversare ancora a lungo. Come, invece, ha fatto fino ad oggi. Non avrebbe potuto, né dovuto, nemmeno nel recentissimo passato, ma adesso c’è qualcosa di più a spingerlo.
Primo: la conclusione delle indagini, da parte del pubblico ministero, Carlo Nocerino, a proposito dell’ipotesi di doping amministrativo praticato da Inter e Milan. Secondo: la posizione, in verità netta, del presidente federale Giancarlo Abete che sulla vicenda invoca certezza soprattutto per quanto riguarda l’interpretazione della prescrizione ( da quello dipende tutto). Terzo: l’atto politico conseguente ad un’eventuale colpevolezza verso chi ha ottenuto il successo (a tavolino) dello scudetto nella stagione 2005-2006 in ragione del parere trinitario Aigner-Coccia-Pardolesi, nel quale si esplicitava la necessità di avere avuto una condotta eticamente irreprensibile. Quarto: la situazione ambientale, fortemente condizionata dall’onda antipolitica e anti-casta, di cui Beppe Grillo è diventato inequivocabile protagonista. Eppure, ascoltando lunedì le parole del vicepresidente e amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, mi è parso che proprio la classe dirigente calcistica non abbia colto né la gravità delle accuse da parte della magistratura ordinaria, né il bisogno di sterzata che l’opinione pubblica reclama. Galliani dice, infatti, che lui e Moratti non hanno commesso omicidi. Se è per questo, nemmeno Moggi e Giraudo, ma ciò non ha salvato la Juve dalla serie B e da una spogliazione – tecnica, sportiva, economica – senza precedenti. Aggiunge Galliani: «Abbiamo semplicemente acquistato e venduto giocatori». E qui, mi dispiace, ma la tesi del p.m. Nocerino è completamente diversa dal pensiero del plenipotenziario rossonero: Milan e Inter hanno truccato i bilanci, riverniciandoli attraverso plusvalenze virtuali maturate su compravendite di giocatori ipervalutati. Un trucco, insomma, altro che calciomercato. Trucco diffuso – va detto con onestà – visto che coinvolge tante società, non esclusa la vecchia Juve. Ma che dire di chi, come l’Inter, senza quel trucco non si sarebbe potuta iscrivere al campionato, il famoso torneo 2005-2006, evitando, grazie a questo, conseguenze altrimenti devastanti?
Credo, infine, che tanto Galliani quanto Palazzi sottovalutino la sensibilità popolare, il vento nuovo che dopo lo scandalo di un anno fa, e non solo quello, ha preso a spirare nella cosiddetta società civile: non si può più liquidare il calcio – la più importante delle cose meno importanti – rifugiandosi in una battuta o in corner. La gente ha pazienza, ma alla fine vuole sapere. E, possibilmente, non vuole essere presa in giro. Non sempre. Non più.
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