Dal sito dell'Associazione Nazionale Amici della Juventus" leggo e trascrivo.
Non condivido, però, la prima parte, quando considera "marcio" il sistema Moggi: la sentanza CAF, infatti, dopo gli accertamenti, conclude con l'inesistenza della cupola gestita da Moggi, e questo non dobbiamo dimenticarlo.
Il testo:
Interisti & Co: l’euforia dopo la depressione (ma con simile conclusione)
22 Gennaio 2007
L’anno 2006 si è finalmente chiuso. E’ stato, questo, il medioevo del calcio. Un potere assolutistico ha disintegrato una dimensione del vivere civile della nostra comunità, ha aggredito con inusitata forza un istituto etnico e culturale costituita dalla socialità sportiva juventina. La sentenza su calciopoli è stato un atto di inciviltà. Infatti, come largamente previsto, il processo sportivo si è rivelato non solo una burla, ma un’offesa all’intelligenza e alla morale dell’uomo comune. La procedura della giustizia sportiva si è svolta come se fosse una partita di calcio. Una partita, però, giocata non dai calciatori, ma dai tifosi. Così, la tifoseria anti-juventina ha sconfitto finalmente la tifoseria juventina. Cioè, curva contro curva. Morale: decadimento dell’etica sportiva che invece si voleva proteggere e valorizzare dopo l’era di Moggi. Eh sì, quel processo è stato un semplice battage di una parte d’Italia calcistica, che pur di affermarsi ha utilizzato e accettato le peggiori delle iniziative giudiziali a dispregio dell’equità.
Ora, a distanza di più mesi, è necessario ritornare a riflettere sugli aspetti sociali, culturali e psicologici dell’intera vicenda. Gli amari fatti dell’estate giudiziaria passeranno alla storia per due principali motivi. Il primo si lega alla natura del medesimo processo. Questo, come tutti sanno, con modalità frettolose e sommarie è stato gestito da una struttura giudiziaria già preesistente e da un diritto sportivo anacronistico. Così, un sistema palesemente marcio ha giudicato se stesso. Quindi una parte di un sistema marcio, ritenutasi danneggiata, ha giudicato un’altra parte dello stesso sistema. I risultati non potevano essere diversi. Una parte marcia ha danneggiato, giudicandola e condannandola, un’altra parte marcia. C’è stato, cioè, uno scambio di ruoli. Un gruppo di potere ha sostituito un altro gruppo di potere. E’ questo il senso della sentenza del secondo grado di giustizia sportiva.
L’altro motivo storico si lega alla identità dei “nuovi potenti”. Chi sono costoro? Essi fanno parte di quell’Italia calcistica che non ha avuto negli ultimi anni molti motivi per gioire. Ovvero da tutti coloro che hanno provato cocenti delusioni nelle varie competizioni sportive. In altre parole, da tutti coloro che hanno ingrossato le file di una strisciante e sempre più pervasiva malattia psicologica, la depressione sportiva. La sentenza è il risultato, quindi, della intraprendenza e della rivincita di quella folta schiera di anti-juventini che hanno sofferto il trionfo dell’Italia bianconera. Ciò non deve destare sorpresa, poiché la depressione non si manifesta soltanto con la tristezza, l’inedia, lo scoramento. La depressione si può trasformare anche in aggressività e in forte carica distruttiva, inducendo i soggetti depressi ad iniziative volte ad attaccare i presunti responsabili del loro malessere. Secondo alcuni sociologi e psicologi studiosi dello sport, in Italia la moltitudine di depressi/aggressivi è oggi crescente e trova espressione nel fenomeno del cosiddetto “interismo”, ossia nell’identificazione che alcuni milioni di tifosi fanno con la storia perdente della seconda squadra di Milano, appunto l’Inter. Pertanto, i “frustrati” hanno finalmente battuto i perenni vincitori. La battaglia non si è svolta sul verde prato, bensì in improvvisate aule di una non credibile e non attendibile giustizia sportiva.
La storia, almeno in questa fase, si chiude qui. Però, secondo quanto dice la psicologia clinica, adesso si faccia attenzione ad un’altra espressione della depressione, all’euforia, alla pericolosa euforia che può manifestarsi con la percezione di cose non reali, che non si sono conquistate nella realtà e sul campo, quali lo scudetto. Difatti, l’acquisizione non reale di qualcosa che non appartiene a chi se ne impossessa, giuridicamente furto, crea, poi, uno stato di reificazione per cui i soggetti in preda a tale stato vivono una dimensione esistenziale falsa, cioè si separano dalla realtà e vivono una dimensione di sdoppiamento.
Il popolo interista vive, così, un stato di delirio schizofrenico e crea una realtà falsa che costruisce su un campionato falsato realmente, perché da esso è stata cancellata totalmente parte della realtà vera, la Juventus e, parzialmente, il Milan. Per cui il popolo interista, come si dice, “se la canta e se la suona” o meglio ancora, se vogliamo usare una metafora più appropriata, è diventato un popolo di “masturbatori”. Fra un masturbatore e un interista non passa differenza alcuna: l’uno e l’altro si inventano una realtà e si procurano l’orgasmo.
Gaetano Bonetta, Università di Pescara-Chieti |